L’oscurità della notte ci ricorda la sofferenza e il dolore nostro e di tanti nostri fratelli e sorelle per il male fisico e per quello morale, quello cioè che viene dalle libere scelte degli esseri umani. Questa notte però è illuminata da una luce, la luce di Cristo Risorto, rappresentata dal cero pasquale: la sua fiamma, all’inizio unica a brillare nell’oscurità, si è diffusa e ha illuminato alla fine tutta la nostra assemblea. Dio non ci abbandona, Dio opera dentro la storia dell’umanità e come ha salvato Gesù dalla morte, così dona a chi crede in Lui, il Figlio unigenito, una vita nuova, nuova perché diversa, non soggetta ai limiti della natura umana ma partecipe della vita di Dio.
Le letture che abbiamo ascoltato ci hanno fatto ripercorrere la storia dell’Alleanza di Dio con l’umanità, a partire dalla creazione, dalla liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù d’Egitto fino all’annuncio di una nuova alleanza. Gesù di Nazareth porta a compimento questa storia di amore con la sua morte e la sua risurrezione. Credere in Gesù Cristo significa lasciare che Dio entri nella nostra esistenza e faccia passare anche noi dalla morte alla vita.
In questa veglia pertanto insieme con la Pasqua di Gesù ricordiamo anche il momento in cui siamo stati uniti anche noi alla Pasqua, ovvero il nostro battesimo. Il battesimo è il sacramento che ci rende partecipi della Pasqua di Cristo: chi viene battezzato è unito a Cristo e passa con lui dalla morte alla vita. Avendo ricevuto il battesimo da neonati, facciamo fatica a percepire il cambiamento che il battesimo e di conseguenza l’essere cristiani ha prodotto in noi. Celebrare la Pasqua, in particolare la Veglia pasquale, è un aiuto prezioso a rinnovare la consapevolezza di questo passaggio che si è compiuto nella nostra vita. Questa sera siamo aiutati – e oserei dire provocati -dal battesimo di una donna adulta, che ha deciso di diventare cristiana impegnandosi nel cammino del catecumenato a conoscere la fede cristiana e a cominciare a viverla.
La liturgia ci ha guidato questa sera a sentire la bellezza di essere cristiani e a gustare la luce e la forza che vengono dalla Pasqua di Cristo: se Cristo è risorto da morte anche noi siamo risorti con lui, non siamo più prigionieri del peccato e anche la morte non è l’ultima parola della nostra esistenza. Questa è la gioia pasquale: non una gioia che rimpiazza e nasconde il dolore e la sofferenza, ma una gioia che matura dentro il dolore del mondo, convertendolo dal di dentro, venendo ad abitare in esso. La gioia della Risurrezione infatti nasce sulla Croce e matura nel silenzio del sepolcro. Per questo nel cantare l’Alleluia dobbiamo portare con noi l’angoscia e la tribolazione di tutti coloro che da soli non riescono a farlo perché la loro sofferenza è troppo grande e il loro grido non è ancora pronto ad aprirsi all’invocazione e alla speranza.
L’augurio che ci scambiamo esprima la gioia della risurrezione di Gesù, ci aiuti a tenere viva la speranza anche in questo tempo drammatico e ci spinga ad impegnarci perché in questo mondo trionfino l’amore, la pace, la giustizia.