SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

«Nei tuoi santi, che per il regno dei cieli hanno consacrato la vita a Cristo tuo Figlio, noi celebriamo o Padre l’iniziativa mirabile del tuo amore»
01-11-2020

Quando pensiamo alla Chiesa di solito ci riferiamo alla comunità visibile dei credenti in Cristo, cioè a quanti qui sulla terra cercano di essere discepoli del Signore. La Chiesa però comprende anche quanti, tra i discepoli di Gesù, hanno già compiuto il loro cammino qui sulla terra: a loro, i santi, siamo oggi invitati a volgere lo sguardo, per scoprire che siamo intimamente uniti a loro e che dalla loro testimonianza e dalla loro intercessione possiamo trarre aiuto per il cammino che ancora ci resta da percorrere. I santi del cielo ci aiutano a comprendere la bellezza e la grandezza della vocazione cristiana: anche noi come loro siamo chiamati ad essere santi. Del resto nel Nuovo Testamento il termine «santi» è usato per indicare i cristiani: per il battesimo infatti siamo partecipi della vita di Dio e della sua santità.

Ciò che ci rende santi infatti è in primo luogo il dono di Dio: è il suo amore che raggiungendoci fa di noi delle creature nuove. Di conseguenza la prima cosa da fare per diventare santi è di corrispondere al dono di Dio, aprendo il cuore per farlo entrare sempre di più nella nostra vita. In uno dei prefazi delle messe dei santi leggiamo questa affermazione molto bella: «Nei tuoi santi, che per il regno dei cieli hanno consacrato la vita a Cristo tuo Figlio, noi celebriamo o Padre l’iniziativa mirabile del tuo amore» E’ proprio questa iniziative mirabile di Dio che mettono in evidenza le letture della messa di oggi, in particolare la pagine del Vangelo dove vengono proclamate le beatitudini. E’ una pagina che ci lascia sempre un po’ perplessi: come si possono proclamare beati i poveri, i sofferenti, i perseguitati? La felicità che il Vangelo proclama non si identifica con la condizione umana di queste persone, ma è frutto dell’iniziativa di Dio, che viene ad arricchire i poveri con il suo dono, che consola quelli che piangono e difende chi è perseguitato. Ciò che rende triste e infelice la vita diventa inaspettatamente motivo di gioia per l’irrompere di una felicità che viene d’altrove. Dio infatti si fa vicino, viene ad abitare le situazioni umanamente più disperate, si fa carico della sofferenza, del disprezzo, dell’ingiustizia per trasformare dal di dentro l’esistenza di tutti coloro che lasciano aperte le porte al suo amore. Dio viene a liberarci dalla nostra tristezza facendoci dono della sua santità, che non è altro che una vita buona, una vita riuscita secondo la logica del Vangelo. I santi conoscono la gioia, quella vera, perché fanno dell’amore di Dio il fondamento e il cuore della loro vita.

La festa di oggi ci dice che la santità è possibile a tutti, perché a nessuno Dio rifiuta il suo dono e noi possiamo spenderlo nelle concrete condizioni in cui ci troviamo: non occorre che ci facciamo monaci, eremiti, missionari in terre lontane, basta che viviamo il Vangelo qui ed ora dove ci troviamo. A questo proposito vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che anche la situazione difficile e carica di preoccupazioni che stiamo vivendo è un’occasione per farci santi. Proprio perché ci troviamo davanti a problematiche completamente nuove, che sconvolgono le nostre certezze e le nostre abitudini, abbiamo bisogno di un di più di Vangelo, per mettere nella nostra vita e nella società in cui viviamo la medicina dell’amore. Il mondo guarirà nella misura in cui sapremo, noi cristiani per primi, farci santi mettendo in pratica il Vangelo.

Di fronte al grandioso spettacolo della santità che la liturgia ci fa contemplare, presentiamoci a Dio con le mani vuote, chiedendo a Lui di donarci «l’abbondanza della sua misericordia», che purifichi e santifichi la nostra vita.