La Pentecoste, che oggi celebriamo, è il compimento della Pasqua: Cristo, crocifisso e risorto, salito alla destra del Padre, dona lo Spirito Santo ai discepoli: con il dono dello Spirito la missione di Gesù raggiunge il suo obiettivo: l’umanità riscattata dal peccato e dalla morte può entrare in una vita nuova. Dal dono dello Spirito nasce la Chiesa, segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e tra di loro. Tuttala vita della Chiesa è animata dallo Spirito: per questo la Chiesa non è una delle tante forme di aggregazione tra gli esseri umani, è prima di tutto opera dello Spirito.
Luca nel libro degli Atti degli Apostoli descrive l’esperienza dello Spirito usando i simboli classici che nella Bibbia descrivono l’azione potente e sovrana di Dio: il fuoco e il vento. In questo modo ci vuol dire che lo Spirito non è un prodotto della suggestione umana, viene da Dio: è una forza irresistibile che sfugge al controllo e alle manipolazioni umane. L’azione interiore e trasformante dello Spirito si manifesta in una nuova capacità dei discepoli di comunicare il Vangelo: il testo degli Atti dice che «tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro di parlare» e ancora «ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua». La prima conseguenza della venuta dello Spirito è una capacità nuova di comunicare che i discepoli acquisiscono, una capacità che è in netto contrasto con la paura e la chiusura in cui la prima comunità si trovava dopo l’ascensione di Gesù al cielo. Va sottolineato come non si tratti semplicemente del «parlare in lingue», la glossolalia, esperienza pure conosciuta dalle prime comunità cristiane e di cui troviamo menzione nelle lettere di San Paolo, un fenomeno straordinario ma fine a sé stesso. È piuttosto la capacità di farsi capire da tutti, di far risuonare la buona notizia di Gesù nel cuore di ognuno, incontrando le domande e le attese che ogni uomo porta dentro di sé.
Vorrei approfondire proprio questo punto perché mi sembra estremamente importante per noi oggi. La nostra chiesa infatti sperimenta una grande difficoltà a dire il Vangelo agli uomini di oggi, non solo ai ragazzi e ai giovani, ma anche agli adulti (forse si salvano gli anziani, ma non tutti!). Sembra che l’insegnamento della Chiesa sia lontano dalla loro vita, come se parlassimo una lingua straniera. Non è forse questa la situazione della Chiesa prima di ricevere il dono dello Spirito?
Quanto è accaduto il giorno di Pentecoste ci insegna innanzitutto che il Vangelo è per tutti: il racconto degli Atti degli Apostoli mette in evidenza l’universalità del messaggio cristiano, come attesta la molteplicità di popoli presenti a Gerusalemme e destinatari delle parole degli Apostoli. Perché questo messaggio risuoni nel cuore di chi lo ascolta però è necessaria la forza dello Spirito Santo che dona una capacità nuova di comunicare. Non sono le abilità umane a rendere comprensibili le parole di Pietro e degli altri Apostoli. È il lasciarsi guidare dallo Spirito che rende possibile a ciascuno degli ascoltatori di percepire un messaggio familiare, che colpisce il cuore. Dobbiamo anche noi imparare dall’esperienza della prima comunità cristiana. Siamo anche noi all’inizio di una nuova fase della vita della chiesa, molto diversa da quella che abbiamo alle spalle. Chiediamo la grazia di poter vivere una nuova Pentecoste, così che lo Spirito ci renda capaci di dire il Vangelo agli uomini e alle donna di oggi in modo che ciascuno lo senta vicino alla propria vita.