SOLENNITÀ DEL SACRO CUORE

Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù
19-06-2020

Leggendo un testo del card. Ouellet, Prefetto della Congregazione dei Vescovi, dedicato al ministero sacerdotale, ho trovato un’espressione del Santo Curato d’Ars, che mi sembra particolarmente utile per questa nostra celebrazione: «Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù». E’ una formula che nella sua semplicità dice quello che è essenziale: il centro della nostra vita di pastori, come del resto tutta la nostra vita di cristiani, è il Cuore di Gesù, la «fonte inesauribile», come recita la colletta della solennità, da cui provengono tutti i doni di cui abbiamo bisogno. L’espressione del Santo Curato non si limita ad affermare un dato di fatto, ma mette in evidenza anche la nostra responsabilità di attingere a questa sorgente corrispondendo all’Amore che ci viene donato da quel Cuore aperto. Solo lasciandoci bruciare dal fuoco dell’amore del Cuore di Gesù noi possiamo a nostra volta ardere d’amore per i nostri fratelli, donando loro il calore della Parola di Dio e il balsamo dei sacramenti. In questo fuoco ardente anche noi possiamo venire avvolti dall’amore delle Tre Persone Divine: il Cuore di Gesù ci rivela il cuore del Padre che ci attira attraverso di Lui e ci dona lo Spirito che ci guida e ci sostiene nel fare dono della nostra vita.

Ricordo una domanda, fattami parecchi anni fa da una giovane donna che era venuta a parlarmi dei suoi problemi matrimoniali, una domanda che sul momento mi sorprese quasi fosse fuori luogo rispetto al discorso che stavamo facendo, ma che ripensandoci poi trovai molto intelligente: «Ma voi preti come fate a ”ricaricarvi” (cioè dove trovate la forza di servire i fratelli in modo gratuito)?» La risposta è proprio questa: potremmo dire usando un esempio concreto che l’amore del Cuore di Gesù è la «dinamo» che tiene accesa la luce, la «centrale atomica» che alimenta le nostre energie e impedisce che la stanchezza e il logorio del tempo che passa spengano il nostro impegno e la nostra generosità. Ogni volta che decidiamo di amare i fratelli avviamo la «dinamo», inneschiamo il «reattore nucleare» e più amiamo più troviamo risorse che non sapevamo di avere e che ci vengono donate.

L’ «amore del Cuore di Gesù» non ci chiede prima di tutto di fare qualcosa per gli altri, ma esige che entriamo nel Cuore aperto di Gesù, vivendo un’intimità profonda con Lui e lasciando che i suoi sentimenti diventino i nostri. E’ l’intimità che nasce dalla preghiera e dalla contemplazione che ci trasforma e ci dà forza. Solo così diventa possibile anche a noi amare i fratelli in un modo non semplicemente umano, ma con l’amore stesso del suo Cuore.

E’ significativo come presbiterio ricordare proprio in questa Solennità del Sacro Cuore i nostri confratelli, a cui non abbiamo potuto dare l’ultimo saluto con la celebrazione delle esequie a causa dell’emergenza sanitaria: don Gastone Gasparini, don Luciano Candiollo, don Antonio Donà. Anche loro hanno condiviso la sorte di tanti fratelli e sorelle, che in questi mesi sono stati accompagnati alla sepoltura in modo spoglio ed essenziale, un modo che ha messo in evidenza la povertà e la nudità con cui ci presentiamo davanti al Signore. Ad essi associamo nel ricordo don Claudio Ghirardello, che il Signore ha chiamato a sé in modo repentino il 23 maggio, vigilia dell’Ascensione.

Pensando a questi nostri fratelli, confidiamo che ora siano avvolti in pienezza dal fuoco dell’amore del Cuore di Gesù, in cui hanno cercato di immergersi con i loro limiti e le loro fragilità durante la loro esistenza terrena e soprattutto durante gli anni del ministero. Ciascuno ha servito la Chiesa e ha amato i fratelli con le doti e le disposizioni che aveva ricevuto in dono: penso all’amabilità e alla cultura di don Gastone che ha unito al ministero di parroco il servizio nella scuola pubblica come insegnante e come preside; alla cordialità e alla generosità di don Luciano, cappellano degli emigranti italiani in Germania e poi come confessore qui in Duomo; alla grande umanità e bontà di don Antonio, missionario, parroco ed educatore dei futuri sacerdoti ed infine l’operosità e l’intelligenza di don Claudio.

Mentre preghiamo per loro affinché il Signore li accolga nel numero dei servi fedeli, chiediamo anche per noi la grazia di perseverare nella nostra vocazione superando i momenti di fatica, di delusione e di stanchezza trovando rifugio nel Cuore di Gesù, che è sempre aperto per accoglierci e offrirci un rifugio sicuro.