La distanza temporale (novecento anni!) unita alla scarsità e all’incertezza delle notizie documentali sulla sua vita e in particolare sulla sua morte, rischiano di relegare la figura del nostro Patrono nelle nebbie di un passato molto lontano. Resta tuttavia un dato certo: San Bellino è stato vescovo di Padova nel XII secolo e si è distinto per il suo zelo pastorale e per la sua azione di rinnovamento evangelico della Chiesa patavina.
Le letture della Messa a lui dedicata, mettono in rilievo la figura del Buon Pastore, colui che si prende cura delle pecore del suo gregge. Il profeta Ezechiele descrive con espressioni toccanti la cura del pastore: «Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare (…). Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia» (Ez. 34,15-16). Anche oggi abbiamo bisogno di un Pastore che si prenda cura di noi: Gesù, il Pastore grande, il Pastore bello, il buon pastore continua a offrirci questa cura e questa guida anche attraverso coloro che ha scelto come guide della sua Chiesa.
San Bellino nel suo tempo è stato un pastore buono, che ha reso presente l’amore e la cura del Pastore grande, il Signore Gesù. Gli studi storici ci restituiscono una figura di pastore impegnato a riportare la Chiesa alla sua dimensione propriamente spirituale, ma anche partecipe della vita della società civile, preoccupato soprattutto dei più poveri e indifesi. Quanto conosciamo di lui, in modo particolare in relazione al suo ministero di Vescovo di Padova, ci offre spunti significativi di riflessione sia per la vita della comunità ecclesiale, sia per quella della comunità civile.
In questa celebrazione in cui lo veneriamo come Patrono della Città di Rovigo, cerco anch’io di offrire qualche pensiero che sia utile per la vita della nostra città: lo faccio traendo spunto dal documento preparatorio per la 50a Settimana sociale dei Cattolici in Italia, che si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024 sul tema: «Al cuore della democrazia: partecipare tra passato e futuro». Si tratta di un tema stimolante e molto attuale, che affronta le difficoltà in cui attualmente versa l’esperienza democratica e mette a fuoco il rapporto tra partecipazione e democrazia.
Parto da una domanda fondamentale, che dovremmo porci guardando alla nostra città e al suo futuro. La domanda non riguarda tanto la questione del potere e delle decisioni per la comunità, ma è più radicale: «che cosa può fare di Rovigo una comunità aperta e generativa?».
Le risposta che troviamo nel Documento preparatorio della Settimana Sociale indica la partecipazione come primo indicatore della salute di una comunità. La partecipazione, infatti, è il motore che tiene in movimento la società: «Partecipazione è sempre un campo di azione plurale, collettivo, comunitario, vitale, generativo, espressione di un “noi comunitario”. È un campo accessibile, dove nessuno deve sentirsi escluso dalla possibilità di incidere nei processi cruciali per la promozione e la difesa del bene comune; dove nessuno può chiamarsi fuori dalle responsabilità condivise, ma deve poter mettere in gioco i suoi talenti per il bene del suo quartiere, della sua città, del suo paese». Mi sembra che la partecipazione così intesa sia veramente ciò che serve anche alla nostra città: non sarà il singolo o il piccolo gruppo, per quanto capace, a invertire la rotta di un progressivo declino, ma un’azione diffusa, condivisa, capace di mettere insieme persone e gruppi diversi attorno a obiettivi comuni.
A questo punto però si pone il problema di come promuovere questa partecipazione diffusa. Non basta lamentarsi per l’individualismo e per il disinteresse, dobbiamo invece provare a capire che cosa desiderano e lungo quali sentieri stanno camminando uomini e donne di questa città. Sono certo che scopriremo molte energie positive, che attendono di essere accolte e indirizzate verso un progetto condiviso: penso in modo particolare al mondo del volontariato, alle tante eccellenze della cultura e dell’arte, all’impegno civico nascosto di tanti semplici cittadini.
Concludendo penso valga anche per Rovigo quanto il Documento citato dice della società italiana nel suo complesso: «Nella società italiana si legge il desiderio di una ripartenza che stenta ad arrivare, di qualcosa che faccia riscoprire il valore di una nuova cittadinanza fondata sul contributo di tutti». Per questo dobbiamo imparare a diventare una comunità di fratelli e sorelle: “Fratelli tutti” come afferma l’enciclica di Papa Francesco. La riuscita della nostra esistenza infatti è legata a quella del nostro prossimo.
Al nostro Patrono San Bellino chiediamo di aiutarci a riscoprire anche in questa nostra città la dimensione della fraternità per promuovere attraverso una partecipazione diffusa una nuova stagione di sviluppo e di progresso.