PELLEGRINAGGIO ALLA BASILICA DEL SANTO

A Sant’Antonio chiediamo la grazia di poter sperimentare la gioia del Vangelo vissuto e testimoniato. Il Santo ottenga per noi e per la nostra Chiesa il dono di una nuova evangelizzazione
06-06-2023

Il tempo in cui è vissuto S. Antonio era molto diverso dal nostro: pensiamo solo al fatto che l’umanità non possedeva le conoscenze e i mezzi di cui invece oggi dispone. A differenza di quanto accade oggi, la vita era molto più precaria ed era più facile accettare una visione religiosa della vita. Ciò non significa però che ai tempi di Sant’Antonio il Vangelo fosse accolto e vissuto, anzi le lotte intestine e la violenza che caratterizzavano quel periodo storico ci dicono che la buona notizia di Gesù non era affatto una parola che informava la vita dei singoli e della comunità. Francesco d’Assisi aveva intuito la necessità di tornare al Vangelo e il movimento che da lui ha preso origine proponeva proprio una vita evangelica, un Vangelo vissuto «sine glossa». Anche Sant’Antonio era stato affascinato da questo programma, tanto da lasciare i canonici regolari e unirsi a Francesco e ai suoi compagni. Sappiamo che il Signore gli indicò poi la necessità non solo di vivere secondo il Vangelo, ma anche di annunziarlo. Egli, a partire dal sermone di Forlì del 1222, quando fu chiamato senza preavviso a tenere una predica, corrispose a questa chiamata dedicando tutte le sue energie a predicare il Vangelo, percorrendo in lungo e in largo l’Italia Settentrionale e la Francia.

Far conoscere il Vangelo di Gesù è stato il suo «chiodo fisso», il suo obiettivo e la sua preoccupazione, incurante delle fatiche e anche della indifferenza e ostilità con cui anche lui ebbe ad incontrarsi. Esemplare dell’ostinazione con cui il Santo era fedele al suo compito di evangelizzatore è l’episodio della cosiddetta «predica ai pesci», di cui quest’anno ricorrono gli 800 anni risalendo tale episodio al 1223.

Le cronache ci riferiscono che un giorno Antonio era a Rimini, che a quei tempi era piena di eretici. Il Santo iniziò la sua predica, ma non solo non volevano ascoltarlo, addirittura iniziarono a prenderlo in giro. Allora, con un gesto esemplare, Antonio si diresse verso la spiaggia, dicendo alla folla che lo ignorava “Poiché vi dimostrate indegni della Parola del Signore, ecco, io mi rivolgerò ai pesci in modo da evidenziare ancora di più la vostra mancanza di fede”. Mentre parlava dell’amore di Dio a quelle creature che vivono nelle acque, un branco di pesci si avvicinò alla riva, sporgendo le loro teste appena fuori dall’acqua in gesto di ascolto. Alla fine del sermone il Santo li benedisse, ed essi si dispersero. Nel frattempo questo spettacolo aveva fatto un’impressione così forte sulle persone presenti che molti corsero indietro verso la città per richiamare i propri concittadini ad assistere al prodigio. Altri invece scoppiarono in lacrime e chiesero perdono. Presto una grande moltitudine di persone si raccolse attorno al Santo, che li esortò di tornare alle vie del Signore».

Credo che nell’indifferenza e nell’ostilità incontrata dal Santo possiamo riconoscere situazioni in cui noi preti e vescovi, ma anche voi fedeli laici ci troviamo nella nostra società. Quante volte con sofferenza ci scontriamo con l’irrilevanza del Vangelo per gli uomini e donne con cui abbiamo a che fare? Spesso siamo presi dallo sconforto e ci lasciamo andare alla tristezza e alla nostalgia di un passato dove pensiamo ci fosse maggiore disponibilità. L’esempio del Santo ci invita a non perderci d’animo ma ad insistere nel cercare chi attende di sentire la buona notizia di Gesù. I pesci di cui parla la vita di Sant’Antonio rappresentano quelle persone che noi pensiamo lontane ed estranee da Cristo e dal suo Vangelo: penso a persone che vivono ai margini, che hanno una vita segnata da comportamenti moralmente discutibili, a stranieri appartenenti ad altre religioni. Sono loro i pesci a cui dobbiamo avere il coraggio di rivolgerci: proprio per la loro situazione di marginalità e di precarietà possono apprezzare la novità del Vangelo. Non sono forse loro i nuovi cristiani e cristiane che possono rinnovare la nostra chiesa stanca e sfiduciata?

Qualche giorno fa ho fatto un incontro che mi ha colpito molto. Ho avuto modo di conoscere un giovane uomo, di origini musulmane, che ha chiesto di diventare cristiano. Gli ho domandato di raccontarmi come era nato in lui questo desiderio. Mi ha detto che durante il viaggio per venire in Italia, in Libia, aveva incontrato due egiziani, i quali avevano avuto con lui un comportamento completamente diverso da tutti gli altri compagni di avventura. Erano due cristiani. Hanno cominciato di parlargli di Gesù e lui si è incuriosito. Mano a mano che leggeva i messaggi che gli mandavano sul cellulare ha cominciato ad appassionarsi al Vangelo finché arrivato in Italia non ha sentito il desiderio di diventare anche lui cristiano.

La situazione che stiamo vivendo come comunità ecclesiale (penso alla scristianizzazione della nostra popolazione, l’assenza delle generazioni più giovani dalla pratica religiosa, l’affermarsi di una forma «pagana» di vita) potrebbe ingenerare in noi l’idea che non ci sono chance per il cristianesimo e che noi siamo gli ultimi cristiani. Possiamo però porci da un altro punto di vita: potremmo essere i primi di una nuova generazione cristiana. Questo dipende da noi, dipende da come sapremo far risuonare il Vangelo nei cuori dei nostri fratelli e sorelle, accompagnando le nostre parole da gesti di accoglienza, di ascolto, di aiuto gratuito. A Sant’Antonio chiediamo questa sera la grazia di poter sperimentare la gioia del Vangelo vissuto e testimoniato. Il Santo ottenga per noi e per la nostra Chiesa il dono di una nuova evangelizzazione.