ORDINAZIONE PRESBITERALE DI SIMONE FINOTTI

Il tuo ministero non sarà solo «per» i fratelli, ma anche «con» loro
01-06-2024

È una felice coincidenza celebrare l’ordinazione presbiterale di don Simone la vigilia della Solennità del Corpo e del Sangue del Signore: tale coincidenza infatti ci offre la possibilità di riflettere sul legame profondo che esiste tra il ministero sacerdotale e l’Eucaristia. L’Eucaristia non è solo qualcosa che il prete fa, un servizio tra i tanti, ma è «principio, mezzo e fine del ministero sacerdotale» (Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, n. 66)

Come abbiamo sentito nelle letture bibliche che ci sono state proposte, l’Eucaristia è il sacramento della Nuova Alleanza, conclusa da Cristo, sacerdote e vittima, con l’offerta del suo corpo e del suo sangue nel sacrificio della croce. Questa Alleanza è prefigurata e annunciata nel patto stretto da Dio con il popolo ebreo tramite la mediazione di Mosè sul Monte Sinai. Nella conclusione di questo patto si parla della carne e del sangue degli animali offerti in sacrificio: in particolare il segno che indica la conclusione dell’Alleanza è l’aspersione con il sangue sui due contraenti (Dio, rappresentato dall’altare, e il popolo). Lo stesso richiamo troviamo nel racconto dell’ultima cena. Gesù, istituendo l’Eucaristia, spiega che il vino dato ai discepoli è «il mio sangue, il sangue dell’Alleanza» (Mc. 14,24).

Istituendo l’Eucarestia, Gesù allo stesso tempo pone il fondamento del sacerdozio ministeriale: «Il nesso intrinseco fra Eucaristia e sacramento dell’Ordine risulta dalle parole stesse di Gesù nel Cenacolo: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Gesù, infatti, alla vigilia della sua morte, ha istituito l’Eucaristia e fondato allo stesso tempo il sacerdozio della Nuova Alleanza. Egli è sacerdote, vittima ed altare: mediatore tra Dio Padre ed il popolo (cfr Eb 5,5-10), vittima di espiazione (cfr 1 Gv 2,2; 4,10) che offre se stessa sull’altare della croce. Nessuno può dire “questo è il mio corpo” e “questo è il calice del mio sangue” se non nel nome e nella persona di Cristo, unico sommo sacerdote della nuova ed eterna Alleanza (cfr Eb 8-9). (…) La dottrina della Chiesa fa dell’ordinazione sacerdotale la condizione imprescindibile per la celebrazione valida dell’Eucaristia. Infatti, “nel servizio ecclesiale del ministro ordinato è Cristo stesso che è presente alla sua Chiesa, in quanto Capo del suo corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore” Certamente il ministro ordinato “agisce anche a nome di tutta la Chiesa allorché presenta a Dio la preghiera della Chiesa e soprattutto quando offre il sacrificio eucaristico”» (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis n. 23).

Si comprende allora la centralità dell’Eucaristia nella vita e nel ministero del prete. Dobbiamo però fare attenzione a non interpretare questa affermazione in un senso puramente rituale. L’Eucaristia è molto di più di un rito, è la sintesi della vita di Gesù: celebrare l’Eucaristia significa lasciarsi coinvolgere nella stessa dinamica di offerta e di dono che ha caratterizzato la vita di Gesù. Questo vale per tutti i cristiani, ma in modo tutto particolare per i ministri ordinati: «Se il presbitero presta a Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, l’intelligenza, la volontà, la voce e le mani perché, mediante il proprio ministero, possa offrire al Padre il sacrificio sacramentale della redenzione, dovrà fare proprie le disposizioni del Maestro e, come Lui, vivere quale dono per i propri fratelli. Egli dovrà perciò imparare ad unirsi intimamente all’offerta, deponendo sull’altare del sacrificio l’intera vita come segno dell’amore gratuito e preveniente di Dio» (ibidem).

Caro don Simone, l’ordinazione presbiterale, che tra poco riceverai, non si limita a conferirti il potere, infinitamente grande e prezioso, di consacrare il pane e il vino perché diventino il Corpo e il Sangue del Signore, ma è una nuova chiamata e una nuova responsabilità: il tuo cammino, d’ora in poi, sarà quello di vivere nel ministero il dono della tua vita al Signore nei fratelli che ti verranno affidati. È questo il significato delle parole che ti dirò tra poco consegnandoti il pane e il vino per il sacrificio eucaristico: «Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore».

Quello che ti aspetta sarà un cammino di croce, come quello di Gesù, ma anche di risurrezione e di vita. In questo cammino sarai sostenuto proprio dalla celebrazione dell’Eucaristia, nella quale vivrai allo stesso tempo la comunione profonda con il Signore e con i fratelli nella fede. Se è vero che senza il ministero del presbitero non ci può essere un’Eucaristia valida, va sempre tenuto presente che il sacerdozio ministeriale non può fare a meno del sacerdozio comune, proprio di tutti i battezzati. Come insegna il Concilio Vaticano II sacerdozio ministeriale e sacerdozio comune «sono ordinati l’uno all’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano all’unico sacerdozio di Cristo» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen Gentium, n. 10). In particolare «i fedeli in virtù del regale sacerdozio, concorrono all’oblazione dell’Eucaristia ed esercitano il sacerdozio con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e l’operosa carità» (ibidem).

Caro don Simone, ricordati che non potrai mai essere prete da solo, ma sempre insieme al Vescovo e agli altri presbiteri e insieme con tutto il popolo di Dio. Il tuo ministero non sarà solo «per» i fratelli, ma anche «con» loro. Tieni presente che per essere «padre nella fede», dovrai essere per loro un fratello, capace di condivisione, di confronto, di dialogo, disponibile anche ad imparare da tutti e, se necessario, anche a lasciarsi correggere. Come Gesù, figlio unigenito, anche tu dovrai diventare il primogenito di tanti fratelli.

Credo sia importante riprendere il nesso fondamentale tra l’Eucaristia e il sacerdozio ministeriale, perché ci aiuta a vedere la figura del prete non solo nella sua umanità, fragile e limitata, com’è quella di ogni essere umano, ma alla luce del dono di Dio, quel dono che tra poco sarà conferito anche a Simone. È questo dono di Dio, che nonostante tutto rende anche oggi significativa e attraente la figura del prete. Ringraziamo il Signore per i nostri preti, per tutti i nostri preti, anche per chi è anziano, acciaccato nel corpo o nello spirito, affaticato e deluso: in ognuno di loro infatti troviamo il dono di Dio! Diciamo grazie in particolare questa sera per don Simone, che porta alla nostra Chiesa la freschezza della sua età e del suo entusiasmo. Diciamo grazie ai suoi genitori, che, con spirito di fede e di generosità hanno assecondato la sua vocazione, alla parrocchia di Granzette in cui ha mosso i primi assi nella vita cristiana, agli educatori del Seminario, che hanno curato la sua formazione; ai preti e alle comunità che lo hanno accolto e accompagnato in questi anni, con una menzione particolare alla comunità di Adria.

Non posso concludendo non indirizzare un pensiero ai tanti giovani presenti a questa celebrazione. Di solito le ordinazioni sono l’occasione per un appello vocazionale. Questa sera vorrei dirvi, cari ragazzi e giovani, qualcosa di più preciso e mirato. Lasciatevi conquistare dall’Eucaristia: partecipando alla messa, ricevendo la comunione, fermandovi in adorazione davanti al SS.mo Sacramento lasciate che il Signore vi attragga a sé e vi riveli il segreto che può rendere bella e riuscita la vostra vita: fare come lui, vivere ogni giorno come un’offerta e un dono. Se sarete capaci di fare questa esperienza non mancherà chi come Simone risponderà alla chiamata, la chiamata ad essere cristiano prima di tutto, ma poi anche quella di farsi prete o di farsi suora.