Anche questa mattina come già nella messa della notte, la liturgia ci guida ad entrare nel mistero del Natale attraverso il tema della luce. Il Natale infatti ci viene presentato come festa di luce, una luce più chiara e più viva di quella del sole perché nasce dalla gloria di Dio che è scesa sulla terra e si è manifestata nella debolezza e fragilità di un Bambino, il figlio di Maria. Questa luce disperde le tenebre, come l’aurora pone fine al buio della notte, ma allo stesso tempo chiede che ci mettiamo in cammino: è una luce che provoca e inquieta. Così è stato per i pastori i primi testimoni della nascita di Gesù: dopo essere stati avvolti dalla luce degli angeli, si dicono tra loro «Andiamo a Betlemme». Lasciano i loro giacigli e vanno alla ricerca del Bambino.
Il loro movimento non è soltanto da un luogo all’altro, ma è soprattutto un cammino interiore, spirituale che li trasforma: loro, gli ultimi della terra, esclusi da tutto perché vivendo con gli animali erano considerati impuri, diventano i primi annunciatori del Dio fatto uomo. In loro vediamo come l’evento della salvezza trasforma chi lo accoglie e apre strade nuove, impensate e inattese.
Il Natale è la festa della novità di Dio che irrompe nella storia. La nascita di Gesù è sorgente di speranza per tutti: Dio si è fatto uomo, si è unito per sempre alla nostra umanità e di conseguenza non siamo soli, abbandonati ma anche nelle situazioni più tragiche abbiamo la possibilità di essere salvati.
Viviamo un momento storico drammatico, in cui il mondo intero sembra sprofondare in un abisso di odio, di violenza e di vendette. Abbiamo bisogno di intravedere una strada che ci porti al di là di tutto il male presente nel mondo. Abbiamo bisogno di una speranza su cui potere contare, una speranza che non delude. La speranza che cerchiamo non è semplicemente la proiezione del nostro desiderio di bene, ma l’orientamento del cuore verso una meta grande, degna di essere perseguita. Questa speranza non viene da noi stessi, ma è un dono che viene dall’alto.
Il Bambino nato a Betlemme, povero tra i poveri, è la risposta a questo bisogno profondo e ineludibile: Gesù Cristo è la nostra speranza, come dice Paolo (1Tim. 1,1).
Anche noi siamo chiamati questa mattina a rifare il cammino dei pastori: facciamo nostro allora il proposito dei pastori «Andiamo a Betlemme!». Il Signore ci viene incontro, ma chiede anche a noi di metterci in cammino di andare verso di lui. Il Giubileo, che ieri sera il Papa ha aperto a Roma e che noi come Chiesa diocesana apriremo domenica prossima, ha proprio questo significato: è un invito, un richiamo a mettersi in cammino per trovare Cristo nostra speranza. Quello che ci viene chiesto non è tanto muoverci da un luogo all’altro, ma un percorso spirituale fatto di conversione, di perdono, di giustizia. «Pellegrini di speranza» diventeremo anche noi come i pastori portatori di speranza in un mondo smarrito e succube della sfiducia e della paura.