Le parole del canto degli angeli, apparsi ai pastori, sono come una didascalia posta in calce alla scena della natività: il canto degli angeli infatti spiega il senso profondo della nascita del bambino che è annunciata ai pastori. Queste parole possono aiutare anche noi ad entrare nel significato profondo del Natale. Celebrare il Natale non è infatti solo ricordare un evento passato, ma è coglierne il significato per la nostra vita per poi accoglierlo e imitarlo. E’ quanto la teologia indica usando per il Natale il termine «mistero»: non un semplice anniversario, ma una realtà in cui immergerci in modo che anche la nostra vita entri nella vita di Dio.
Gli angeli allora con il loro canto proclamano il senso di ciò che è accaduto: è come se dicessero questo Bambino è qui per la gloria di Dio e la pace degli uomini.
Ma cosa significa «gloria di Dio» e «pace per gli uomini»?
Gloria indica non solo lo splendore divino, quello splendore che fa parte della natura stessa di Dio, ma la conoscenza e la lode di Dio da parte degli uomini che sono illuminati dalla luce del suo amore. I pastori infatti, dice il testo di Luca, nel momento in cui gli angeli portano loro l’annuncio della nascita di Gesù sono «avvolti di luce» ed è proprio la «gloria» di Dio che li avvolge di luce. Chi accoglie la nascita di Gesù è avvolto di luce! L’umanità non è condannata a vivere nelle tenebre del peccato e della morte!
La pace poi non è solo assenza di guerra, ma è il ristabilimento del rapporto dell’uomo con Dio e con gli altri uomini: in altri termini è la «salvezza» che Paolo identifica con la persona stessa di Gesù Cristo: «Egli infatti è la nostra pace» (Ef. 2,14). Chi accoglie Gesù allora vive nella pace e riceve la forza per diventare lui stesso costruttore di pace.
Gloria e pace si illuminano a vicenda e sono in fondo la stessa realtà vista dalla parte di Dio (la gloria) e dalla parte degli uomini (la pace). Nel Bambino indicato dagli angeli ai pastori si manifesta la potenza salvifica di Dio che porta tra gli uomini quella pace che è libertà, giustizia, prosperità.
Un terzo elemento del canto degli angeli è dato dai destinatari della pace. La nuova traduzione della Bibbia ha sostituito «uomini di buona volontà» con «uomini che Dio ama». Il testo greco del Nuovo Testamento, infatti, evidenzia non tanto l’impegno degli uomini, ma la benevolenza di Dio. Quello che si vuole mettere in evidenza è il suo amore. Potremmo dire che il Natale non è tanto un appello alla buona volontà degli uomini, ma un annuncio della buona volontà (intesa come benevolenza) di Dio per gli uomini. Egli infatti facendosi uomo si è spogliato e abbassato assumendo la nostra umanità e condividendo la nostra povertà e precarietà. Dio non si è accontentato di amarci con un amore di beneficenza, ma ha voluto amarci con un amore di sofferenza. Ci sono infatti due modi di amare: il primo è quello di chi dona qualcosa per la persona amata, il secondo, più difficile e impegnativo del primo, è quello di soffrire per la persona amata. Dio non si accontenta di donarci la creazione e la vita. Facendosi uomo (il termine della teologia è «incarnazione») si abbassa e si umilia fino all’annientamento di sé. Per questo il Vangelo di Giovanni dice che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito».
Se in questa notte riusciremo a comprendere anche solo in minima parte questa realtà, potremo sentirci amati in un modo unico e straordinario e questa esperienza potrà rinnovare la nostra vita e attraverso di noi il mondo in cui viviamo. Non sprechiamo questa occasione che ci è data e affrettiamoci anche noi a incontrare quel Bambino in cui si incontrano la gloria di Dio e la pace degli uomini.
Rovigo, Duomo-Concattedrale – 25 dicembre 2023