Il Natale ci appare come una festa di cui è facile comprendere il significato, molto più ad esempio della Pasqua. Ci aiuta in questo il presepio, che fin a quando eravamo bambini ci ha aiutato ad entrare nell’evento della nascita di Gesù. Se però facciamo un passo oltre e cerchiamo di capire chi è veramente il Bambino del presepio ci rendiamo conto che non è semplice capire il vero messaggio del Natale.
La fede cristiana ci dice che il Bambino nato da Maria è il Figlio di Dio, è Dio fatto uomo per la nostra salvezza: in questa affermazione c’è qualcosa di paradossale, di sconcertante. Che Dio è, un Dio che nasce in una stalla, che è adagiato in una mangiatoia, è avvolto in fasce come gli altri, piange come tutti e dorme come qualsiasi altro bambino? Dio per definizione è onnipotente, non può assumere la debolezza e la fragilità di un essere umano, tantomeno di un bambino.
Allora che Dio è il Dio dei cristiani? La risposta a questa domanda ci viene dalla Sacra Scrittura che ci mostra come Dio si è rivelato. Le letture che sono state proclamate poco fa ci offrono una sintesi della Rivelazione che Dio ha fatto di sé stesso nella storia della salvezza e ci fanno conoscere un Dio che desidera farsi vicino all’uomo e per questo si abbassa, si fa piccolo, in qualche modo potremmo dire che si fa umano senza per questo rinunciare alla sua divinità.
Possiamo allora comprendere meglio le letture che sono state proclamate. “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” queste parole del prologo del Vangelo di Giovanni ci dicono che il Bambino del presepe è il Verbo (cioè la Parola) di Dio che da sempre è nel Padre. Questa Parola non è una forza oscura, ma è una persona, il Figlio, come ci spiega la lettera agli Ebrei nella seconda lettura. Per mezzo del Figlio Dio ha creato il mondo. Il Verbo dunque è una Parola creatrice, che uscita dalla bocca di Dio ha plasmato tutto ciò che esiste e lo mantiene nell’esistenza: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”.
Questo movimento da Dio verso l’umanità, raggiunge la sua pienezza nell’incarnazione: “Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Questa venuta nel mondo produce però una separazione tra chi accoglie il Verbo e chi lo rifiuta: il dono che Dio fa di sé stesso mette a nudo il cuore degli uomini e porta alla luce le loro intenzioni nascoste.
Vivere il Natale chiede a noi di accettare che l’incontro dell’uomo con Dio avviene nella debolezza e nella fragilità della “carne” di un bambino, perché la grandezza di Dio sta nell’amore che si china sull’uomo, abbassandosi per raggiungerlo e salvarlo. Solo se accettiamo questa logica potremo anche noi essere salvati: se cercheremo Dio nella potenza degli uomini non lo incontreremo e resteremo delusi. Non è facile entrare in questa logica: per questo facciamo fatica a fare nostro il significato cristiano del Natale. È più semplice accontentarci di viverlo in modo superficiale ed esteriore. Se però riusciamo anche noi a farci piccoli e poveri, come i pastori, come Maria e Giuseppe, allora anche noi troveremo la gioia che non delude.
Rovigo, Duomo-Concattedrale