Sapevamo che sarebbe stata dura, ma speravamo in un Natale diverso dalla Pasqua che abbiamo trascorso questa primavera chiusi nelle nostre case. Invece ci troviamo ormai alla Vigilia di Natale dentro una seconda ondata epidemica che sembra non
finire mai, con una diffusione a macchia d’olio dell’infezione e con gli ospedali pieni di malati. Fino a qualche settimana fa discutevamo sulle misure annunciate dal Governo e sulla loro opportunità: è giusto il coprifuoco alle 22 la notte di Natale? è
giusto impedire alle famiglie di riunirsi nel giorno di Natale? ecc. È bastato qualche giorno e di fronte ai numeri crescenti dei contagi (e soprattutto dei decessi) in parecchi si fa strada la convinzione che è meglio stare tutti chiusi in casa dal 25
dicembre al 6 gennaio. Forse solo così potremo ripartire nell’anno nuovo con un minimo di normalità, nella speranza di arrivare al momento in cui sarà finalmente
disponibile il vaccino.
Molti si chiederanno che cosa resta del Natale in questa situazione. La mia risposta è che non ci è tolto nulla della vera Festa di Natale. Questo Natale, diverso da tutti gli altri, può, se noi lo vogliamo essere più vero e autentico. Tante volte abbiamo
criticato l’eccesso degli aspetti esteriori che ci impedivano di cogliere il messaggio originario di questa Festa, ora, non per nostra volontà, ci troviamo quasi costretti ad andare alla nuda verità del Natale: un Bambino nato povero a Betlemme in cui brilla la luce dell’Amore di Dio. Per incontrare questo Bambino è necessario che anche noi ci facciamo piccoli e poveri, perché Lui viene a salvarci nella nostra debolezza e nella nostra miseria.
Per vivere il Natale quest’anno abbiamo bisogno quindi di abbandonare i sentimenti di rabbia e di disperazione per quanto sta succedendo e colpisce duramente la nostra vita di ogni giorno. Mettiamoci alla scuola del Bambino di Betlemme e lasciamoci
coinvolgere nel cammino di salvezza che Lui ci offre, fatto di mitezza, bontà, semplicità di cuore. Guardando il mondo dal suo punto di vista ci accorgeremo che non c’è solo il virus covid-19 da combattere, c’è un altro male grande e profondo che
mette in pericolo la vita dell’umanità. E’ il «virus» del peccato: Gesù il Figlio di Dio è venuto nel mondo per salvarci dal peccato. Credere in Lui come il Salvatore vuol dire riconoscere che solo lui è il «medico integrale» che può guarirci dal male radicale
del peccato. E’ un’illusione pensare che sia sufficiente sconfiggere il covid-19: sarebbe come pretendere, sono Parole di Papa Francesco, di «vivere sani in un mondo malato». Il peccato è all’origine delle ingiustizie, delle prepotenze e dello
sfruttamento indiscriminato della natura, che hanno quantomeno creato le condizioni favorevoli per l’insorgere il diffondersi della pandemia. Se non curiamo queste storture, anche se il vaccino avrà successo, il mondo rimarrà malato.
Quest’anno, anche se mancheranno tutte o quasi le consuetudini esteriori di questa festa, non solo possiamo vivere il Natale ma abbiamo bisogno più che mai di vivere il Natale: solo rinnovando la nostra fede in Gesù Salvatore dell’umanità possiamo
sperare in una vita libera dal male.
L’augurio di buon Natale va quest’anno in primo luogo a tutti gli ammalati, a cui mi sento particolarmente vicino perché anch’io sono stato contagiato e sto cercando in questi giorni di superare l’infezione, in secondo luogo va agli operatori sanitari, che
con tanta generosità e spirito di sacrificio, si prendono cura di loro. A tutti auguro di sperimentare la serenità e la pace del Dio che si è fatto piccolo e povero per salvarci.