Sabato mattina tutti siamo stati sorpresi dalla notizia della morte inattesa di don Alessandro. Conoscevamo i suoi problemi di salute, ma fino a qualche giorno prima nulla faceva presagire che le sue condizioni sarebbero precipitate come poi è accaduto. Vogliamo leggere nella fede la morte di questo nostro confratello, che da molti anni soffriva nel corpo e nello spirito al punto da essere impedito ad esercitare un qualche compito ministeriale.
Mi piace pensare che il Signore nel momento della sua morte abbia rivolto anche a lui le parole piene di amore e di tenerezza che abbiamo ascoltato poco fa: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11, 28-29).
Per il suo carattere schivo e riservato, don Alessandro non parlava molto delle sue sofferenze, ma dalle poche confidenze che ho avuto da lui, posso immaginare che anche lui possa rientrare tra le persone stanche e oppresse a cui Gesù rivolge la sua promessa: «Vi darò ristoro». Ora che lo ha chiamato a sé il Signore senz’altro manterrà la sua promessa. Come Gesù anche questo nostro fratello era «mite ed umile di cuore» e per questo possiamo sperare che sarà beato nel Regno dei cieli.
Don Alessandro era nato a Corbola il 26 giugno 1943 e fu ordinato presbitero il 25 giugno 1973. Fu vicario cooperatore a Bottrighe, a Canale, a S. Martino di Venezze e ad Ariano Polesine. Fu nominato poi parroco a Canalnovo, da dove fu trasferito dopo tre anni a Garofolo. Successivamente fu cappellano dell’Ospedale di Lendinara e della Casa di Riposo di Riposo di Corbola. Dal 1987 al 1996 fu parroco a Panarella. A motivo delle sue condizioni di salute si ritirò a Rovigo in Casa del Clero, dove trascorse gli ultimi venticinque anni. Non sono stati però questi venticinque anni inutili: egli ha continuato ad esercitare il suo ministero offrendo la sua sofferenza e la sua preghiera per il bene della Chiesa e dei fratelli. Mi colpiva vederlo passeggiare nel cortile della Casa del Clero o in Via Pascoli con la corona del Rosario in mano!
È stato prete anche in quest’ultimo lungo tratto della sua vita: è stato prete in un modo che certo non corrispondeva ai suoi desideri e ai suoi progetti, ma accogliendo e portando con fede la sua croce seguendo il Signore Gesù.
Mi chiedo se nella vicenda umana e sacerdotale di questo nostro confratello non sia nascosto un messaggio anche per me Vescovo e per i presbiteri della Diocesi e cioè che viviamo il nostro sacerdozio ministeriale non solo con quello che facciamo, ma anche accettando e donando a Dio e ai fratelli le fatiche e le sofferenze della vita, specie quelle, come la malattia, che non dipendono dalle nostre scelte.
Ringraziamo il Signore per quanto don Alessandro ha fatto negli incarichi pastorali che gli sono stati affidati, ma ancora di più per la sua testimonianza umile e silenziosa. Cerchiamo tutti di farne tesoro. Impariamo a riconoscere il tesoro di Grazie nascosto nei nostri fratelli affaticati e oppressi dalle tante forme di sofferenza fisica e psichica. Accogliamo anche noi la malattia e l’infermità con la certezza che il Signore darà ristoro un giorno alla nostra vita.
Rovigo, Duomo-Concattedrale, 30 novembre 2021