«Padre, nelle tua mani consegno il mio spirito». Queste parole di Gesù sulla croce a mio avviso esprimono bene la disposizione interiore con cui don Alessandro ha vissuto questi ultimi cinque mesi segnati da una malattia che si è fatta sempre più aggressiva. Egli, da uomo di fede qual era, si è preparato alla morte affidandosi come Gesù al Padre: quando ha saputo la natura del male che lo aveva colpito, consapevole della sorte che lo aspettava, ha cercato di continuare la sua vita di ogni giorno con coraggio e generosità preparandosi allo stesso tempo al passaggio ultimo e definitivo. E’ significativo di questo suo prepararsi alla morte l’aver voluto disporre dei suoi beni ancora in vita, con donazioni importanti alla Casa del Clero e alla Parrocchia di San Bellino, quasi volesse spogliarsi di tutto e arrivare davanti al Signore ricco solo della sua fede. Dietro la sofferenza fisica, si notava in lui la forza e la serenità della fede: l’ho percepito chiaramente anche nell’ultimo incontro con lui, un paio di giorni prima della sua morte. Mi ha colpito il suo sguardo, che esprimeva anche nella sofferenza un atteggiamento di abbandono e di fiducia: lo sguardo di un uomo interiormente pacificato. Credo che chi lo conosceva non si sia stupito: per tutta la sua esistenza infatti era stato un uomo di fede e di preghiera. Di poche parole, piuttosto schivo, sapeva però segnare la vita delle persone con proposte forti dal punto di vista spirituale. Non cercava visibilità né si metteva in mostra, ma lavorava con impegno e seminava germi di vita cristiana nelle persone che incontrava.
Fin da giovane aveva dato prova di questo stile generoso ed essenziale nel vivere il ministero. Subito dopo l’ordinazione nel 1972 accolse l’invito di andare a prestare il suo servizio nella Diocesi di Ravenna, dove era grande il bisogno di preti e dove rimase per tre anni come cappellano nella Parrocchia cittadina di S. Maria del Torrione. Dopo una parentesi di un anno a Ceneselli, si aprì per lui una stagione importante di lavoro con i giovani prima a Rovigo nella Parrocchia della Madonna Pellegrina e poi a Santa Sofia di Lendinara: è stato un periodo in cui don Alessandro ha segnato la vita di molti, ora adulti, che ricordano non solo la sua capacità di aprirsi a nuove prassi pastorali ma soprattutto la profondità e l’efficacia delle sue proposte di vita spirituale e di preghiera, proposte che hanno formato dei cristiani maturi e radicati nella fede, che tuttora sono impegnati nelle loro comunità cristiane. Nel 1985 fu nominato parroco di Granzette, dove fu guida saggia e generosa di quella comunità cristiana. Nel 1991 il Vescovo lo chiamò a prendersi cura dei confratelli anziani e ammalati nella Casa del Clero, compito che svolse con fedeltà e impegno per undici anni. Dal 2002 al 2017 fu parroco a San Bortolo in Rovigo, una comunità impegnativa dove si spese senza riserve nonostante qualche problema di salute. Nel 2017, vedendo la fatica e l’avanzare dell’età, gli proposi di trasferirsi a San Bellino, proposta che accettò volentieri: anche in questa piccola comunità trovò modo di farsi benvolere e di offrire la sua parola e il suo consiglio non solo ai parrocchiani, ma anche a chi veniva da fuori. Proprio qualche mese fa venne da me per confrontarsi sulle indicazioni da dare a due coppie con situazioni matrimoniali difficili che si erano rivolte a lui.
A don Alessandro possiamo applicare le parole della Scrittura che abbiamo ascoltato nella prima lettura: «le anime dei giusti … nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là». La sua morte infatti ha rotto quel velo di riservatezza con cui don Alessandro aveva sempre circondato il suo ministero e le sue opere e ha fatto risplendere ai nostri occhi la bellezza e la grandezza di questo sacerdote, umile e silenzioso, che nella sua vita ha sempre sparso semi di Vangelo senza mettersi in mostra e senza cercare riconoscimenti.
In un tempo difficile come quello che stiamo vivendo l’esempio e la testimonianza di don Alessandro sono un dono prezioso per andare tutti, preti e laici, a ciò che è essenziale nella vita cristiana: le nostre tristezze e le nostre delusioni infatti nascono spesso dal fatto che noi per primi siamo troppo legati a ciò che è marginale e perdiamo di vista il centro che è Cristo e il suo Vangelo.
Don Alessandro dal cielo pregherà per la nostra Chesa, in particolare per il nostro presbiterio: mentre chiediamo al Signore di accoglierlo nella sua casa e di dargli il premio riservato ai servi buoni e fedeli, confidiamo pertanto anche nella sua intercessione. In particolare gli chiediamo di ottenere per la nostra Chiesa la grazia di nuove vocazioni al ministero sacerdotale.