Le espressioni del libro della Sapienza e del Vangelo di Matteo che abbiamo appena ascoltate mi sembra si possano bene applicare alla nostra cara Amelia.
«I giusti sono nelle mani di Dio»: anche Amelia al termine di una vita dedicata al prossimo, specie ai più piccoli, ora è nelle mani di Dio.
«Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là»: anche la figura di Amelia ci appare questa mattina splendente di quella fede e di quell’amore che hanno nutrito la sua vita.
Su di lei sentiamo risuonare le beatitudini del Vangelo: beata te, mamma Amelia, che hai servito nell’umiltà e nel silenzio, che hai accolto tanti bambini come se fossero figli tuoi, che hai creduto nella Provvidenza e hai affrontato anche il tempo della vecchiaia con serenità e fiducia.
Amelia era nata a San Bellino nel 1931. L’evento che determinò la svolta fondamentale della sua vita fu l’incontro nel 1951 con Laudomia Venuti, una maestra di Cavazzana, che seguendo l’insegnamento di don Giovanni Calabria e di padre Leopoldo Mandic, aveva iniziato una casa di accoglienza di bambini orfani e abbandonati. L’intuizione di Laudomia, al tempo fortemente innovativa, fu quella di offrire a questi bambini la possibilità di vivere come in una famiglia, seguiti a piccoli gruppi da una “mamma” in una propria casa autonoma: era una logica molto diversa da quella dei grandi istituti che allora andavano per la maggiore. Questa intuizione trovò la sua realizzazione qui a Rovigo, nel quartiere della Tassina, con il complesso di tre case, a cui si aggiunse in un momento successivo un auditorium intitolato a San Giovanni Calabria e una chiesa dedicata a San Leopoldo.
L’evoluzione della società e lo sviluppo di forme di assistenza pubblica, il venir meno di Laudomia Venuti e l’avanzare dell’età delle “mamme” portò a trasformare la Piccola Casa in un luogo di accoglienza per anziani. Anche in questa fase Amelia ha saputo essere l’anima di questa piccola comunità, tenendo accesa la fiamma dell’opera.
Negli incontri che in questi anni ho avuto con Amelia, sono stato colpito dalla sua fede semplice e umile, ma allo stesso tempo forte e decisa. Penso che la nostra Chiesa debba molto a Lei e alle sue compagne: la Piccola Casa è stata un’opera che ha segnato un’epoca e che testimonia il fervore religioso degli anni del dopoguerra, un fervore che abbiamo perduto e che attende di essere ripreso e ravvivato.
Chiediamo a mamma Amelia, ora che è passata all’altra riva e può vedere faccia a faccia il suo Signore, di pregare per noi: il Signore ci aiuti a vedere chi oggi ha bisogno di essere accolto e a aprirgli il cuore e la casa come ha saputo fare Amelia con le sue compagne.