Il 31 dicembre come credenti siamo invitati ad un momento solenne di ringraziamento al Signore per l’anno trascorso. Non è mai facile né scontato ringraziare il Signore per il tempo passato, perché spesso portiamo nel cuore sofferenze e fatiche che ci suggeriscono non tanto pensieri di ringraziamento ma il desiderio di voltare pagina e di dimenticare se non addirittura la lamentela verso il Signore perché non ci ha risparmiato momenti ed esperienze negative.
Anche il 2024 se ne va portando con sé un carico di eventi tragici, prima di tutto le tante guerre che insanguinano il mondo, così numerose e connesse tra di loro che non è azzardato parlare di «terza guerra mondiale».
Per offrire al Signore il nostro ringraziamento a conclusione dell’anno abbiamo bisogno di uno sguardo di fede, che ci permetta di andare più in profondità nella comprensione delle vicende umane. Ci sono di aiuto i brani biblici che abbiamo appena ascoltato. Nella prima lettura abbiamo ascoltato l’invito alla gioia che il profeta Sofonia indirizza al popolo di Israele in un momento di grande sofferenza e difficoltà. Perché gioire quando si è provati, incombe il pericolo, nubi minacciose oscurano l’orizzonte? La risposta è nella certezza che il Signore regna e non abbandona quanti credono in Lui: «Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. (…) Non temere Sion, non lasciarti cadere le braccia. Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Salvatore potente». Al profeta dell’Antico Testamento fa eco San Paolo, che nel saluto con cui si apre la prima lettera ai Corinzi (seconda lettura), ringrazia Dio perché i cristiani di quella comunità sono arricchiti da Cristo di tutti i doni e grazie a Lui, il Signore, potranno essere «saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo». Il brano di Matteo infine ci esorta ad avere fiducia nell’aiuto di Dio e a chiederlo nella preghiera: l’immagine che l’evangelista usa è quella del rapporto tra genitori e figli (il testo parla del padre, ma possiamo estendere il riferimento anche alla madre e quindi al rapporto genitori-figli). Come i genitori vogliono il bene dei figli, così anche Dio vuole il nostro bene e noi dobbiamo avere fede che non ci farà mancare ciò di cui abbiamo bisogno: i verbi «chiedere», «cercare» «bussare» non esprimono tanto il tentativo di piegare Dio alla nostra volontà, ma la fiducia e l’abbandono al suo amore e alla sua provvidenza.
Se sapremo guardare all’anno trascorso con questo sguardo di fede, riusciremo anche noi a scorgere in mezzo al dolore e alla sofferenza per il male fisico e morale anche i segni del bene, i tanti gesti di amore, di giustizia, di perdono che il Signore suscita in mezzo a noi. Noi infatti crediamo in un Dio che interviene nella storia degli uomini perché vuole la nostra salvezza: è per questo che possiamo dire grazie anche al termine di un anno come quello che si sta concludendo.