Il 31 dicembre come credenti siamo invitati ad un momento solenne di ringraziamento al Signore per l’anno trascorso. Non è mai facile né scontato ringraziare il Signore per il tempo passato, perché spesso portiamo nel cuore sofferenze e fatiche che ci suggeriscono non tanto pensieri di ringraziamento ma il desiderio di voltare pagina e di dimenticare se non addirittura la lamentela verso il Signore perché non ci ha risparmiato momenti ed esperienze negative. Non è facile poi ringraziare al termine di un anno come questo, in cui abbiamo assistito allo scoppio di una guerra sanguinosa alle porte di casa, ad una siccità senza precedenti e infine a problematiche economiche (inflazione e caro energia) che ci hanno resi tutti più poveri.
Per offrire al Signore il nostro ringraziamento a conclusione dell’anno abbiamo bisogno di uno sguardo di fede, che ci permetta di andare più in profondità nella comprensione delle vicende umane. Ci sono di aiuto i brani biblici che abbiamo appena ascoltato. I nostri giorni, come dice il Siracide nella prima lettura, sono nelle mani di Dio: «Benedite il Dio dell’universo che compie in ogni luogo grandi cose, che fa crescere i nostri giorni fin dal seno materno e agisce con noi secondo la sua misericordia». Al saggio dell’Antico Testamento fa eco San Paolo, che nel saluto con cui si apre la prima lettera ai Corinzi, ringrazia Dio perché i cristiani di quella comunità sono arricchiti da Cristo di tutti i doni e grazie a Lui, il Signore, potranno essere «saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo». L’evangelista Giovanni infine ci invita a non scoraggiarci anche se ora siamo nel pianto e nella tristezza: «La vostra tristezza si cambierà in gioia» e a conferma di questa promessa porta l’esempio del parto: «La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia». L’immagine del parto mi sembra molto appropriata per comprendere il momento storico che stiamo vivendo. Le quattro grandi crisi degli ultimi tre anni (la pandemia, i cambiamenti climatici, la guerra, la crisi dei prezzi delle materie prime e in particolare dell’energia) segnalano la fine di un mondo («il cambiamento d’epoca» di cui parla Papa Francesco): è un mondo che muore e ciò provoca smarrimento, fatica, sofferenza, ma allo stesso tempo c’è un mondo nuovo che chiede di venire alla luce. Questo «parto» è doloroso, ma se noi sapremo indirizzare la nascita di un nuovo mondo nella direzione di una maggiore fraternità e giustizia, questa sofferenza può trasformarsi in gioia. Ciò però non è affatto semplice: è molto difficile in questa situazione pensare il futuro e impegnarsi a costruirlo. E’ significativo a questo proposito il quadro tracciato da un importante istituto di ricerca che produce ogni anno un rapporto sulla società italiana. Il rapporto di quest’anno parla di una «società che non regredisce, ma non matura», di «un futuro nascosto nel presente», di una «latenza di risposta»: «Il nostro Paese, nonostante lo stratificarsi di crisi e difficoltà, non regredisce grazie allo sforzo e al rischio individuale, ma non matura. Riceve e produce stimoli a mettersi sotto sforzo, a confrontarsi con le ferite della storia, ma non manifesta una sostanziale reazione, vive in una sorta di latenza di risposta» (56° Rapporto CENSIS).
Una visione di fede può essere di grande aiuto per cominciare ad uscire da questa situazione di blocco e di stagnazione. La fede infatti ci aiuta a guardare oltre il presente e a credere nelle promesse di Dio. Per questo stasera possiamo dire al Signore il nostro grazie per l’anno trascorso: dentro la storia tribolata dell’umanità Dio persegue la nostra salvezza e ci chiede di collaborare con lui nel costruire il suo Regno. La fede poi alimenta la pazienza e la perseveranza necessarie per perseguire progetti lungimiranti, che non possono essere realizzati a breve termine ma hanno necessità di orizzonti temporali lunghi. Concludiamo con le parole del Siracide e anche noi preghiamo: «Ci conceda il Signore la gioia del cuore e ci dia pace nei nostri giorni ora e sempre. La sua misericordia resti sempre con noi e ci riscatti nei nostri giorni».