La celebrazione di questa sera è il momento più alto della vita liturgica di una Diocesi, perché come affermano le premesse del Rito della benedizione degli oli, è come un’«epifania» (cioè manifestazione) della Chiesa particolare: prima di entrare nel grande Triduo della passione, morte e risurrezione del Signore, ci troviamo insieme a celebrare il nostro essere Chiesa. Proprio per questo al centro di questa celebrazione sta il mistero dell’unzione, rappresentato dagli oli che verranno benedetti e dal crisma che verrà consacrato. Questo mistero è intimamente connesso al mistero della Chiesa: la Chiesa infatti nasce e vive per l’«unzione dello Spirito Santo» trasmessa a noi dai sacramenti, che configurano la comunità dei discepoli di Gesù come il suo Corpo, Tempio santo di Dio, Popolo sacerdotale.
Le letture che abbiamo ascoltato ci parlano degli «unti» del Signore: il Servo di Javhè di Isaia, il re Davide e Gesù nostro Signore. Il Servo di cui parla il libro di Isaia si presenta dicendo «Il Signore Dio mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri». Nel salmo Dio stesso ricorda di avere consacrato Davide con il suo santo olio. Gesù nella sinagoga di Nazareth applica a se stesso le parole di Isaia affermando di avere in pienezza l’unzione dello Spirito.
Questa unzione ha poi dato forma al popolo di Dio, di cui anche noi siamo parte. Anche noi siamo stati consacrati con l’unzione dello Spirito nel battesimo e nella cresima diventando membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa.
Questa sera siamo qui proprio per riconoscere la grandezza di questo dono e di conseguenza a lodare e a ringraziare Dio perché «ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre».
Non so se nella nostra preghiera ci fermiamo qualche volta a ringraziare Dio perché siamo parte della Chiesa: forse è più facile sentire la Chiesa come una realtà esterna a noi, una realtà che ci sta di fronte, a cui chiediamo dei servizi, di cui ci lamentiamo e verso la quale esprimiamo critiche. Se però partiamo dall’unzione dello Spirito la prospettiva cambia e non possiamo più concepire la nostra appartenenza in termini passivi, quasi fossimo dei semplici fruitori di servizi o degli osservatori esterni. Lo Spirito che abbiamo ricevuto ci abilita infatti a essere membra vive, corresponsabili della vita ecclesiale, portatori di un contributo insostituibile per la vita e la missione della Chiesa.
È dall’unzione dello Spirito, da cui tutti siamo raggiunti, che nasce la «sinodalità», un termine che non indica solamente delle assemblee particolari come il sinodo diocesano o il sinodo dei vescovi, ma una dimensione costitutiva della Chiesa stessa. La parola sinodalità infatti «indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice» (Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 6). Papa Francesco ci ha indicato nella sinodalità il punto decisivo per il futuro della Chiesa: «Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» (Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi 17 ottobre 2015).
Anche la nostra Diocesi sta tentando di rispondere a questa sollecitazione di Papa Francesco. Da qualche tempo infatti, anche noi stiamo provando a fare degli «esercizi» di sinodalità». Abbiamo proposto innanzitutto un criterio pastorale che dice «mai da soli», e che vuole evidenziare la premessa indispensabile del «camminare insieme». Abbiamo inoltre cercato di dare alle iniziative di formazione un carattere «sinodale», mettendo a fondamento l’ascolto della Parola di Dio e dedicandoci all’ascolto reciproco e al discernimento. Esemplari sono state a questo proposito le due Settimane residenziali che si sono svolte nei mesi di febbraio e di marzo con la partecipazione di presbiteri, laici e consacrate. Infine nel promuovere percorsi di rinnovamento pastorale abbiamo adottato il metodo del discernimento comunitario, partendo da una ricerca comunitaria per arrivare a soluzioni condivise. A titolo di esempio ricordo il percorso che stiamo facendo per riconfigurare uffici e servizi diocesani (progetto denominato «Casa della Diocesi»).
Un’ultima esperienza poi è quella dei «gruppi sinodali» convocati per la consultazione preparatoria del Sinodo dei Vescovi della Chiesa universale. Siamo nella fase di raccolta e di sintesi del lavoro di questi gruppi, ma già possiamo dire che si è trattato di un’iniziativa importante, che apre prospettive incoraggianti di partecipazione e di rinnovamento. Vorrei salutare e ringraziare i «facilitatori» dei gruppi sinodali, che questa sera partecipano a questa celebrazione.
Da questi «esercizi di sinodalità» mi sembra venga un messaggio di speranza e si apra una via per la nostra Chiesa diocesana, tanto più preziosa se pensiamo un momento di ristrettezze e di difficoltà che stiamo vivendo. Chiedo a tutti, presbiteri, diaconi, laici e religiosi/religiose di accettare la sfida della «sinodalità» e di provare con umiltà e disponibilità a esercitarsi nell’ascolto, nella condivisione e nel discernimento.
Nel mistero dell’unzione troviamo anche la radice del ministero ordinato, in particolare di quello del Vescovo e dei presbiteri, a cui è affidato il compito di far giungere attraverso i sacramenti l’unzione dello Spirito al popolo santo di Dio. L’unzione con il crisma che abbiamo ricevuto nella nostra ordinazione sacerdotale, cari presbiteri, non è per noi ma è per raggiungere i nostri fratelli e sorelle. Come l’olio di cui parla il Salmo 133, che scende sulla barba di Aronne e raggiunge l’orlo della veste, così l’unzione deve arrivare attraverso di noi a tutti i fedeli. È l’unzione dello Spirito allora che unisce nella Chiesa i pastori e i fedeli e li spinge a sostenersi a vicenda e a sentirsi insieme partecipi e corresponsabili della missione di annunciare il Vangelo. Vivremo tra poco questa unità profonda che nasce dallo Spirito quando noi sacerdoti rinnoveremo davanti a tutti voi gli impegni assunti il giorno della nostra ordinazione e tutta l’assemblea risponderà con la sua preghiera.
È bello in questo momento di profonda comunione annunciare l’ordinazione sabato 11 giugno di tre nuovi presbiteri, alunni del nostro Seminario: don Davide Gasparetto, don Bryan Osti e don Riccardo Volpin: ci impegniamo ad accompagnarli verso l’ordinazione con la nostra preghiera e il nostro incoraggiamento per sostenerli poi nelle fatiche del ministero.
Con i nuovi presbiteri ricordiamo anche quanti celebrano quest’anno un giubileo sacerdotale:
65° mons. Giuseppe De Stefani
60° mons. Antonio Cappato
50° mons. Alessandro Cavallarin; don Graziano Giuriati; don Adriano Montorio; dom Nivardo M. Lo Conte osb ol.; fra Leopoldo Ingegneri ofm capp.
25° don Piero Mandruzzato; dom Giovanni M. Boldrin osb ol.; Amedeo M. Paganini obl. ol.
Ricordiamo anche il 50° di professione religiosa di dom Christopher Zielinski, Abate del Monastero di Lendinara
Vorrei concludere con un appello che ci porta a guardare oltre i confini della nostra Chiesa. Come Vescovo infatti sono chiamato a tenere aperta la nostra Chiesa diocesana alla comunione con la Chiesa universale e con le altre Chiese: per questo desidero invitarvi ad un gesto di condivisione con la Chiesa sorella di Beira in Mozambico, con la quale abbiamo intrapreso assieme alla Diocesi di Vicenza una cooperazione missionaria, grazie anche all’impegno del compianto don Giuseppe Mazzocco: l’offerta che verrà raccolta sarà destinata alla costruzione della «casa della missione», un progetto che stava a cuore a don Giuseppe e che speriamo in futuro possa accogliere anche qualche presenza missionaria di preti e laici della nostra Diocesi.