Il centro della vita di San Francesco è il suo rapporto con il Signore Gesù e il desiderio di vivere il Vangelo nella sua radicalità («sine glossa» per usare una espressione latina). Il suo «successo» sta, come dicono di lui i nostri fratelli ortodossi, nell’essere «somigliantissimo» a Cristo. Il Vangelo è stato la regola della sua vita. Anche a quelli che lo seguirono egli non volle dare altra regola se non le parole del Vangelo, perché per lui tutto era contenuto nel rapporto con Gesù, nel suo amore. Le stimmate che ricevette verso la fine della sua vita sono proprio il segno di questo intensissimo rapporto che lo identificava con Cristo. Francesco fu sempre piccolo, volle rimanere piccolo davanti a Dio e non accettò neppure di essere ordinato sacerdote per rimanere un semplice fratello, il più piccolo di tutti, per amore del Signore.
Per lui si sono realizzate in pieno le parole di Gesù: “il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. Quanta gioia nell’anima di Francesco, povero di tutto e ricco di tutto, che accoglieva tutte le creature con cuore di fratello, che nell’amore del Signore sentiva dolci anche le pene!
Essere devoti di San Francesco di conseguenza vuol dire fare nostro questo stile di vita. Non basta essere qui questa sera, partecipare alla processione seguendo l’immagine del Santo, offrire la lampada che arderà davanti alla sua immagine, è necessario che ci lasciamo inquietare dal suo esempio e dal suo insegnamento. Chiediamoci: il Vangelo è veramente la nostra regola di vita, la fonte da cui attingiamo i criteri delle nostre scelte nei vari ambiti della vita, sia privata che pubblica? Sono domande che dobbiamo farci se non vogliamo che anche la celebrazione di questa sera si riduca ad un rito esteriore, superficiale, che non tocca la vita. Non è facile accogliere il Vangelo e viverlo nella sua radicalità come ha fatto Francesco. Non è un caso che anche lui non sia stato compreso e sia stato giudicato una persona quanto meno singolare. Allo stesso modo anche oggi il Vangelo non è di moda e anche tra chi si dice cristiano c’è l’idea che in fondo il Vangelo rimane fuori della nostra vita: le nostre scelte, le nostre convinzioni nei vari ambiti si ispirano ad altri riferimenti. Questa sera San Francesco ci richiama alla coerenza tra la nostra vita e il Vangelo: non possiamo porre gesti religiosi e poi vivere come se non fossimo cristiani, senza praticare quella «differenza» che ci rende sale e lievito nella comunità umana.
Dobbiamo essere convinti che la risposta alle grandi sfide che l’umanità si trova ad affrontare oggi si trova nel Vangelo, quel Vangelo che Francesco d’Assisi ha incarnato nella sua vicenda umana in modo altissimo. Non a caso il Papa attuale ha fatto riferimento al Santo d’Assisi nelle due fondamentali encicliche in cui affronta le piaghe del mondo contemporaneo la crisi ambientale e la divisione dell’umanità tra ricchi e poveri. Gli stessi titoli (“Laudato sì” e “Fratelli tutti”) sono presi dagli scritti del nostro santo.
Non dobbiamo avere paura di confrontarci con la figura e l’insegnamento di San Francesco: non è un’immaginetta da relegare in una nicchia devozionale né un semplice ricordo di racconti sentiti nella nostra infanzia, ma è un testimone che ci può scuotere e ispirare per vivere con consapevolezza e impegno il nostro tempo. In particolare Francesco ci insegna a non lasciarci sedurre dalla tentazione dell’indifferenza, ma di abbracciare la via della fraternità