San Biagio è stato un Vescovo del IV secolo: era Vescovo di Sebaste in Armenia e subì il martirio nel 316. Non sappiamo molto della sua attività pastorale. La diffusione – straordinaria -del suo culto è legata ad un episodio della sua vita: la tradizione narra che guarì miracolosamente un bambino che rischiava di morire soffocato perché una spina di pesce gli si era conficcata in gola. La fama di taumaturgo fa sì che anche al nostro tempo sia un santo molto popolare. La salute infatti è una delle principali preoccupazioni di ogni essere umano e l’invocazione di conservarla e di riaverla se è minacciata da una malattia si intreccia strettamente con la religione. Gesù stesso nella sua vita pubblica guariva i malati.
La festa di San Biagio ci offre pertanto l’occasione di una riflessione sul rapporto tra la fede e la malattia o, più precisamente, la guarigione dalla malattia, una riflessione particolarmente importante e attuale nel contesto di pandemia che stiamo vivendo. Il punto di partenza è l’azione di Gesù: i Vangeli ci riferiscono che Gesù guariva i malati. E’ importante però chiarire bene il senso dei miracoli di guarigione di Gesù: come già facevano notare i Padri della Chiesa, Gesù non ha guarito tutti i malati, ma solo alcuni. Importante poi rilevare come nei racconti dei miracoli Gesù indichi una realtà più grande della salute fisica: la salvezza che è venuto a portare è qualcosa che sta oltre la salute fisica. In altri termini la guarigione dalla malattia compiuta da Gesù è segno di una salvezza integrale dell’uomo: Gesù non è venuto per togliere l’esperienza della malattia e della morte, ma fa anche della malattia e della morte un’esperienza di salvezza. Lui stesso ha affrontato il dolore e la morte e ci ha indicato la via per trasformare la sofferenza e la morte stessa in un dono di vita. Per questo possiamo pregare per avere la guarigione (anche Gesù nell’orto degli ulivi ha pregato il Padre perché gli risparmiasse di bere al calice della Passione), ma sempre dobbiamo chiedere al Signore la grazia di saper fare della malattia un cammino di vita e confidare in una salvezza che sta oltre la guarigione del corpo e oltre la nostra stessa vita fisica. Per dirla in termini molto semplici la fede in Gesù Cristo non è una forma di assicurazione che ci garantisce dai mali fisici, né il ricorso a Dio nella preghiera sostituisce e rende superfluo lo sforzo di curare la malattia con i mezzi umani della cura medica.
A questo punto vorrei dire una parola sul rapporto tra fede e scienza: vi è infatti chi ha la percezione – errata – di dover scegliere tra scienza e fede. A molti sembra che l’invito a fidarsi della scienza, ad esempio in relazione ai vaccini anticovid, sia incompatibile con la fede in Dio: se ti fidi della scienza .non ti fidi di Dio e viceversa se ti fidi degli strumenti che la scienza mette a disposizione non ti fidi di Dio Può essere utile pertanto qualche riflessione critica per sgomberare il campo da un conflitto fuorviante e dannoso, che nasce da una concezione sbagliata sia della scienza che della fede: dobbiamo guardarci sia dallo scientismo (concepire la scienza come una conoscenza infallibile) sia dal fideismo (una fede che esclude la ragione). La scienza, a differenza di quanto viene talora affermato, per sua natura non è infallibile, anzi le conoscenze scientifiche vanno soggette all’errore: tutti i progressi scientifici sono stati accompagnati da errori che hanno dovuto essere corretti. La scienza si basa sul dubbio e progredisce imparando dai propri errori. Analogamente anche la fede ha bisogno dell’esercizio della ragione umana: la conoscenza di Dio che ci offre la Rivelazione non ci esime dallo sforzo di conoscere la creazione e le sue leggi con la ragione, che lo ricordiamo è un dono di Dio. Per certi aspetti poi anche la fede è una conoscenza «incerta», in quanto non è ancora visione: ciò che possiamo conoscere di Dio non esaurisce il suo mistero. Inoltre anche la fede, come la scienza, per progredire ha bisogno del dubbio: il dubbio infatti è il «motore» che ci spinge sempre più avanti nella ricerca di Dio. Il contrario della fede non è il dubbio, ma la pretesa di avere trovato la certezza. Concludendo la certezza non è fede, ma fanatismo; la certezza non è scienza ma scientismo. Per vivere abbiamo bisogno delle conoscenze imperfette e provvisorie della scienza e dell’inquietudine della fede.
Preghiamo il nostro San Biagio per ottenere la salute, ma chiediamogli soprattutto il dono di una fede matura che ci aiuti ad accogliere il limite della nostra condizione di creature soggette alla malattia e alla morte. La fede ci porti a cercare la salvezza che Gesù Crocifisso e Risorto ci ha guadagnato con la sua morte e risurrezione: una salvezza che può trasformare anche la malattia e la morte in una vita nuova.