Le notizie storiche, a dire il vero piuttosto scarne, ci consegnano del nostro Patrono San Bellino, l’immagine di un Vescovo zelante, impegnato a difendere la libertà della chiesa di fronte al potere secolare e a promuoverne il rinnovamento spirituale. Allo stesso tempo il Vescovo Bellino ci appare attento ai problemi sociali del suo tempo, ad esempio intervenendo per la liberazione dei «servi della gleba», veri e propri schiavi dei proprietari terrieri. Per questo la preghiera di colletta ricorda di lui «la fede intrepida e la carità ardente».
Che cosa comporta per noi cristiani del XXI secolo ricordare questo Patrono vissuto novecento anni fa? Come tradurre oggi il suo messaggio e il suo esempio? È sempre la preghiera di colletta indicarci la risposta a questa domanda: «concedi a noi di vivere e operare sempre nella libertà dei tuoi figli per l’edificazione del tuo Regno». Venerare San Bellino dunque significa rinnovare il nostro impegno per lavorare in questo tempo e in questa città per il Regno di Dio, perché proprio per questo tempo e per questa città Dio ha un progetto di salvezza e tocca ai cristiani annunciarlo e renderlo visibile.
Questo impegno nell’ambito sociale, politico, amministrativo (d’ora in poi per comodità parlerò di politica) unisce i membri della Chiesa a tutti gli uomini di buona volontà: a questo proposito è molto interessante l’intuizione di rappresentare insieme San Bellino con Giacomo Matteotti, sottolineando come, al di là della loro diversa sensibilità rispetto alla fede cristiana, entrambi abbiano difeso la giustizia e la dignità della persona umana. Prendo qualche pensiero sull’importanza di impegnarsi in politica dalla Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, che si è svolta a Trieste i primi di luglio, in particolare dall’intervento conclusivo di Papa Francesco.
L’impegno di tutti è importante per far vivere la società civile, perché la politica, come arte di governare la città (polis) si nutre di partecipazione: «Il cuore della politica è fare partecipe. E queste sono le cose che fa la partecipazione, un prendersi cura del tutto» (Francesco, Discorso conclusivo della 50a Settimana Sociale dei Cattolici in Italia). Politica, partecipazione, cura quindi sono termini che si richiamano a vicenda e che presuppongono la fraternità, ovvero la consapevolezza di una comune appartenenza: «La fraternità fa fiorire i rapporti sociali e d’altra parte il prendersi cura gli uni degli altri richiede il coraggio di pensarsi come popolo». Questa categoria di «popolo» non indica solo la somma dei singoli individui, esprime un’unità fatta da una storia e da una cultura condivisa, soprattutto «popolo» è più del mio io, del mio gruppo, della mia famiglia, dei miei interessi.
Impegnarsi in politica allora vuol dire «appassionarsi al bene comune», vivere l’«amore politico», che è «una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni, che immiseriscono e non aiutano a capire e ad affrontare le sfide».
Spesso la politica è intesa come esercizio di un potere, un occupare posizioni in campo economico e sociale, disporre in maniera discrezionale di ciò che appartiene a tutti. La buona politica invece è tutt’altro: è avviare processi, promuovere confronto e dibattito per creare consenso, anche al di là della maggioranza che ha il diritto e il dovere di governare.
Per questo il primo obiettivo di chi si impegna in politica dovrebbe essere quello di aprire luoghi in cui ci si possa confrontare, dove si studino insieme i problemi esponendo, anche in forma dialettica, progetti e intuizioni, dove si respiri, al di là della diversità, una vera passione civile.
È così che la politica realizzerà una vera democrazia, il governo del popolo: oggi parlare di democrazia è problematico, perché abbiamo davanti gli occhi i limiti di cui soffrono in tutto il mondo i sistemi democratici. Per dirla con papa Francesco la «democrazia è malata». Ciò non significa che non si possa curare: possiamo cominciare a farlo dalla nostra città. La democrazia, infatti, per sua natura, vive e si sviluppa dal basso». Non abbiamo paura a cominciare in questa nostra Città di Rovigo a diventare con pazienza e umiltà «artigiani di democrazia e testimoni coraggiosi di partecipazione».
San Bellino ci sostenga con il suo esempio e il suo insegnamento e ottenga per la nostra Città di crescere sempre più nella solidarietà e nella giustizia.