La festa odierna ricorda l’apertura di questo santuario, costruito dalla comunità di Lendinara negli anni dal 1577 al 1579 per dare degna custodia all’immagine della Madonna, venerata dai fedeli e circondata da segni straordinari, come la luce che l’aveva avvolta al momento del ritrovamento il 9 maggio del 1509 e come l’acqua diventata rossa come il sangue nella primavera del 1576.
In questo giorno poi ogni anno la Città di Lendinara rinnova il voto con il quale si affida all’intercessione della Vergine.
Questa sera vogliamo pertanto anche noi rinnovare la nostra preghiera alla Vergine, non solo ringraziando il Signore di averci dato in questo luogo un segno della presenza materna di Maria accanto a noi ma anche cercando di approfondire la nostra devozione a Maria. Non dobbiamo infatti fermarci alla dimensione emotiva e sentimentale legata anche ad alcuni segni esterni, ma dobbiamo metterci alla scuola di Maria per vivere davvero il Vangelo nella vita di ogni giorno. Per essere devoti a Maria non basta ripetere alcune prassi tradizionali e alcuni gesti interiori, ma è necessario fare nostri gli atteggiamenti interiori con cui Lei ha saputo mettersi in rapporto con Dio e che ha espresso nel Magnificat, il cantico che l’evangelista Luca riporta nel suo Vangelo collegandolo all’incontro con la cugina Elisabetta. I gesti esteriori che noi facciamo, hanno valore nella misura in cui esprimono quanto viviamo nel nostro intimo. A nulla servono se non sono veri, cioè se non corrispondono a quanto viviamo nell’intimo. Questa corrispondenza non è scontata e dobbiamo sempre verificarla: per questo non dobbiamo ostentare la nostra religiosità facendoci forti delle nostre pratiche religiose. Il nostro rapporto con Dio si gioca nel segreto del cuore e credo che a questo si riferisca l’umiltà di Maria.
Nel Magnificat ci colpisce la gioia di Maria, una gioia che scaturisce dall’umiltà: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva». Maria percepisce lo sguardo di Dio su di lei perché riconosce di essere creatura, debole e limitata. Riconoscere il suo limite di creatura non la deprime ma è motivo di esultanza e di lode perché proprio accettando il proprio limite scopre la grandezza dell’amore di Dio e diventa capace di vedere le «grandi opere» che lui ha fatto in Lei.
Abbiamo bisogno anche noi di riscoprire il valore dell’umiltà in una cultura dove sembra valere solo il farsi vedere, mostrare di essere più degli altri e dove la prepotenza e la violenza dilagano. Maria ha scoperto che c’è un’altra logica, la logica di Dio, che rovescia le gerarchie umane: Lui, l’Onnipotente, ha «disperso i superbi», «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote». Chiediamoci che cosa vuol dire fare nostra questa logica di Dio? Significa ad esempio cercare l’amicizia dei poveri e dei deboli (mentre siamo portati a cercare di farci amici i potenti e i ricchi), significa saper andare controcorrente e non cercare la felicità nell’accumulo di beni.
L’umiltà non è solo una virtù individuale, è anche il fondamento della vita sociale: solo chi è umile sa collaborare con gli altri e costruisce relazioni positive. La vita sociale ha quanto mai bisogno di uno stile «mariano», ispirato all’umiltà e al servizio. Ricordiamo tutto questo mentre al termine di questa celebrazione rinnoveremo il voto a Maria: se vogliamo che Lei manifesti ancora la Sua materna intercessione per noi e per questa città, cerchiamo di metterci alla sua scuola perché la nostra vita sia veramente segnata dal Vangelo di Gesù.
Lendinara, Santuario del Pilastrello, 16 maggio 2023