Anche per don Giacomo è venuto il momento di varcare la soglia della morte: è arrivato a questo passaggio carico di anni, 95 non sono pochi, ma, quel che conta di più, accompagnato dal bene seminato in 72 anni di ministero sacerdotale. Io ho avuto modo di conoscerlo solo negli ultimi anni, quando le forze stavano declinando, ma mi ha sempre colpito il segno profondo che di lui ho colto nelle comunità in cui è stato parroco. Sentendo le persone parlare di lui e di quello che aveva fatto sembrava se ne fosse andato ieri mentre invece erano trascorsi trenta o addirittura quarant’anni. Ho scoperto così che nella giovinezza e nella maturità era stato un prete aperto e intraprendente, che sapeva seguire le persone, soprattutto i ragazzi e i giovani, con la passione del vero educatore. Chi lo ha conosciuto non si dimenticava di lui: sono rimasto colpito nel vedere tanti dei suoi ragazzi di un tempo partecipare alla festa del suo 70° di sacerdozio due anni fa qui a Trecenta.
All’inizio della sua vita sacerdotale per i primi vent’anni ha svolto compiti diocesani: insegnante in Seminario, assistente dei fanciulli cattolici e degli “esploratori cattolici” (così a quel tempo venivano chiamati gli scout), padre spirituale del Collegio Angelo Custode, Direttore del Centro Don Bosco, Assistente del CSI. Venne poi il tempo di passare alla pastorale parrocchiale, come parroco, dapprima a Melara dal 1970 al 1985 e poi a Fiesso Umbertiano fino al 1994, quando fu chiamato nuovamente in Diocesi per assumere l’incarico di Direttore dell’Archivio diocesano. Don Giacomo, infatti, era anche un uomo di cultura, che non aveva cessato di coltivarsi. Conservò questo incarico fino al 2009. Trascorse gli ultimi anni in Casa del Clero e poi a Casa Sant’Antonio di Trecenta: un tempo di attesa serena, ricca di fede e di preghiera.
La sua morte ci appare veramente come un passaggio alla vita, come ci dice Gesù nel brano del Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato: «chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio ma è passato dalla morte alla vita»: don Giacomo era un uomo di fede, che si è nutrito della Parola del Signore, e ha atteso con pazienza e perseveranza il momento dell’incontro con il suo Signore. Possiamo applicare a lui le parole di Isaia, sentite nella prima lettura: «Ecco il nostro Dio, in Lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci ed esultiamo per la sua salvezza».
A noi che lo abbiamo conosciuto e stimato, resta il compito di non dimenticare l’insegnamento che ci ha lasciato: vorrei sottolineare in particolare la disponibilità a cercare vie nuove per rispondere ad un mondo che stava cambiando e la passione educativa, che si è espressa in particolar modo nel suo impegno con l’Agesci. Dal cielo don Giacomo interceda per la nostra chiesa e per il nostro presbiterio, perché possiamo anche noi in questo tempo difficile segnare un solco in cui camminare verso il Signore.