EPIFANIA DEL SIGNORE

Adria-Cattedrale
06-01-2019

Il significato della festa di oggi è racchiuso nel suo stesso nome: epifania è una parola greca che significa «manifestazione». Oggi infatti la Chiesa celebra la manifestazione del Signore a tutti i popoli: l’incarnazione del Verbo, infatti, non è riservata a un popolo, ma è destinata a tutta l’umanità. I magi, che si recano ad adorare il Bambino di Betlemme, sono i rappresentanti di tutti gli uomini, che senza distinzione di lingua, razza, nazionalità sono chiamati a trovare in Cristo la loro salvezza.

Tutto l’Antico Testamento è percorso da questa dimensione universale: anche se Dio si è scelto un popolo per rivelarsi, man mano che si fa conoscere si rivela come il Dio di tutta l’umanità. La visione di Isaia che ci è stata proposta nella prima lettura è molto significativa: il profeta vede tutti i popoli della terra in cammino verso Gerusalemme, attirati dalla luce del Signore.

Nel Nuovo Testamento la dimensione universale della fede cristiana è chiaramente affermata. Il brano della lettera agli Efesini ascoltato nella seconda lettura è chiarissimo. Paolo spiega in che cosa consista il «mistero» che è stato rivelato: «tutte le genti sono chiamate in Cristo Gesù a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo».

Mi sembra importante sottolineare la dimensione universale della fede cristiana perché siamo tentati di concepire l’identità cristiana in termini di chiusura e di contrapposizione. Usiamo spesso infatti l’aggettivo «cristiano» come sinonimo di italiano, di europeo e ce ne serviamo per marcare la distinzione con chi invece è straniero, appartiene ad un altro popolo, ad un’altra razza, in una parola è diverso da noi. Gli stessi simboli cristiani vengono proposti come segni che ci distinguono dagli altri: è il caso del presepio, mentre invece nel loro significato più autentico dovrebbero unirci agli altri uomini. La chiesa stessa è segno di unità tra gli uomini.

Se vogliamo accogliere il Signore nella nostra vita dobbiamo anche noi entrare nella logica del progetto di Dio, che è venuto per farsi conoscere da tutti gli uomini, senza alcuna distinzione. In Gesù, Figlio di Dio, tutti gli uomini sono chiamati a incontrarsi mettendo da parte le loro distinzioni e divisioni.

Non possiamo credere in Gesù Cristo Figlio di Dio e non riconoscere l’unità profonda della famiglia umana e l’interdipendenza che unisce tutti i popoli della terra. La bellezza del cristianesimo sta proprio qui: non è una religione di un popolo, di una nazione, di un gruppo umano particolare. E’ una religione destinata a tutti perché la sua vocazione è radunare tutti in Cristo.

Prendere coscienza dell’universalità del cristianesimo e della chiamata universale alla salvezza esige un modo particolare di guardare al mondo in cui viviamo. Dobbiamo guardarlo con lo sguardo di Dio. Non è facile perché se da un lato il mondo si sta sempre più unificando (il fenomeno della globalizzazione) dall’altro aumenta la tendenza a rinchiudersi e a vivere la propria identità non come una ricchezza da condividere, ma come un muro che divide e contrappone. Lasciamoci attirare dall’esempio dei Magi, che seguendo la stella, sono arrivati ad adorare il Figlio di Dio. Guardando a loro possiamo anche noi scoprire che nessun uomo è escluso dalla salvezza di Dio.