Può sembrare fuori luogo, data la situazione di grande difficoltà e sofferenza, che stiamo vivendo, la gioia che la liturgia di questo giorno di Pasqua esprime soprattutto attraverso il canto ripetuto, oserei dire, insistito, dell’Alleluia.
Non è stonata la gioia in questo giorno di Pasqua, perché il mistero che celebriamo, la resurrezione di Gesù, ha a che fare con la nostra vita e illumina anche il buio di questi mesi segnati dalla dura prova della pandemia.
L’attenzione dell’opinione pubblica si è concentrata sugli aspetti sanitari e sociali dell’epidemia, ma c’è anche una dimensione spirituale senza la quale non sarà possibile uscirne: per questo è importante celebrare la Pasqua in questo tempo di pandemia. Abbiamo bisogno di risorse spirituali che ci permettano di superare la fatica e il logorio di questo lungo anno e di ritrovare la speranza e la fiducia di cui abbiamo bisogno.
La risurrezione del Signore non è un evento del passato, qualcosa da ricordare ma che non tocca il presente: è invece una vita nuova che viene offerta anche a noi oggi tramite la fede in Gesù morto e risorto. Decisivo è l’incontro personale di ciascuno di noi con il Risorto: solo incontrando Gesù come il Vivente possiamo accedere ad una vita più forte del peccato e della morte.
Il brano che abbiamo ascoltato poco fa nel Vangelo, traccia un percorso che anche noi possiamo fare. E’ significativo che la liturgia non ci proponga oggi, giorno di pasqua, il racconto di una delle apparizioni di Gesù Risorto, ma si fermi a quanto viene prima e cioè alla corsa di Maria, di Pietro e Giovanni al sepolcro.
In questo racconto ricorre più volte il verbo correre: sembra che il mattino di Pasqua tutti corrano: corre Maria, corre Pietro, ma soprattutto corre il discepolo amato. Non è solo la sorpresa, la curiosità o l’incapacità di comprendere quanto è accaduto a farli correre: più di tutto li spinge il legame di amore che, nonostante la morte, ancora li lega al Maestro. E’ significativo che sia proprio il discepolo amato a correre più veloce degli altri: è l’amore che mette le ali ai piedi. Troviamo qui una prima indicazione: se vogliamo incontrare il Risorto, anche noi dobbiamo tenere vivo il legame d’amore con lui, conservando la memoria delle sue parole e dei suoi gesti. L’indifferenza è l’ostacolo più grande alla fede e si vince solo con l’amore.
Il primo segno che viene offerto ai discepoli è la pietra ribaltata e il sepolcro: non solo un sepolcro vuoto, ma un sepolcro aperto. Gesù è colui che apre i sepolcri, che vince la morte e che offre un futuro di speranza. Quel sepolcro anziché custodire il passato, apre al futuro. Incontrare Gesù Risorto anche oggi vuol dire saper cogliere i segni di vita nuova che ci sono accanto a noi.
Infine i teli piegati e il sudario: quel sudario e quei teli sono la scia fisica che è rimasta dell’amore professato verso Gesù da alcune delle sue discepole. E ora i discepoli lo vedono. Non vedono l’assenza del maestro, bensì la presenza dell’amore. Celebrare la pasqua deve aiutare anche noi a vedere i tanti gesti di amore che segnano questo tempo difficile. L’augurio che ci facciamo reciprocamente è che anche noi, come il discepolo amato non solo arriviamo a «vedere», ma anche a «credere»: credere nella fedeltà di Dio e nella sua potenza, credere alla vita e all’amore.