La celebrazione a cui stiamo partecipando è del tutto inedita per la nostra Diocesi: è la prima volta infatti che abbiamo la grazia di accogliere una vocazione di questo tipo, dopo che la Chiesa con il Codice di Diritto Canonico del 1983 ha riconosciuto la vita eremitica come una forma di vita consacrata individuale.
Proprio per questo credo sia forte il desiderio di capire in che cosa consista la vita eremitica e quale sia il significato del rito di questa sera. Può esserci di aiuto ricordare che nella storia della Chiesa, terminata l’era dei martiri, quei cristiani che desideravano seguire in modo più radicale il Signore Gesù, andavano nel deserto per dedicarsi ad una vita di penitenza e di preghiera: da questa forma di vita, definita eremitica o anacoretica, è nato successivamente il monachesimo. La ricerca di seguire il Signore professando i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, nel corso della storia ha dato origine ad altre forme di consacrazione, sia maschile che femminile: pensiamo nel medioevo agli ordini mendicanti (francescani., domenicani, carmelitani, servi di Maria), agli ordini clericali al tempo del Concilio di Trento (i gesuiti), a tanti istituti religiosi dediti all’apostolato e alle opere di carità sorti nel XIX e XX secolo. Tutte queste forme diverse di consacrazione hanno un elemento comune che è la professione dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza sia pure declinati in modalità diverse. Comunque sempre nella Chiesa è stata presente la vita eremitica, che ha trovato dopo il Concilio Vaticano II un nuovo sviluppo, soprattutto nella modalità degli «eremiti di città», eremiti cioè che vivono in solitudine non in luoghi isolati, ma nella loro casa all’interno di un centro abitato. Essi talvolta si ispirano ad una particolare spiritualità: nel caso di Maria Iolanda alla spiritualità francescana alla scuola di Francesco e Chiara d’Assisi.
L’eremita è un cristiano che decide di seguire più da vicino il Signore Gesù, abbracciando una forma di vita particolare caratterizzata da «una più rigorosa separazione dal mondo», dal «silenzio della solitudine» e dall’ «assidua preghiera e penitenza» (can. 603 del CDC).
La separazione dal mondo fa riferimento ad una vita ritirata come condizione per potersi dedicare totalmente a Dio: non è disprezzo della vita sociale, delle amicizie e delle relazioni umane ma è mettere davanti a tutto questo l’amore di Dio.
Il silenzio è strettamente legato alla solitudine: è infatti stare da soli con Dio che è pienezza di vita e di amore. Come l’amata ha bisogno di stare da sola con l’amato, così l’eremita ha bisogno di stare da solo con Dio perché gli possa parlare nel silenzio lontano dai rumori del mondo.
Un terzo elemento è dato dalla preghiera e dalla penitenza che devono diventare uno stato di vita,: non qualcosa che si fa in determinati momenti. Ciò significa che tutta la vita dell’eremita è preghiera e penitenza per vivere nell’unione con Dio.
La vita dell’eremita in questo modo diventa una continua lode a Dio e contribuisce alla salvezza dell’umanità, offrendo tutto se stesso a Dio sull’esempio di Gesù.
L’eremita diventa tale non per una propria iniziativa, ma per una chiamata di Dio, accettata dall’interessato e riconosciuta dalla Chiesa attraverso il Vescovo, a cui l’eremita è legato in modo tutto particolare. Per questo tra poco chiederò a Maria Iolanda di esprimere la sua volontà di consacrarsi a Dio abbracciando i consigli evangelici e confermerò con la preghiera il suo proposito.
Dopo aver spiegato i tratti caratteristici della vita eremitica, vorrei sottolineare il valore per la nostra Chiesa della consacrazione di Maria Iolanda: è un richiamo forte a mettere Dio al primo posto. È un richiamo di cui abbiamo tanto bisogno in un tempo in cui siamo tutti presi dall’inseguire le cose materiali e anche se ci diciamo cristiani lasciamo a Dio solo un piccolo angolo della nostra vita. Pensiamo al posto della preghiera nella nostra vita di cristiani, alla nostra pigrizia e indifferenza verso la celebrazione dell’eucaristia. Siamo cristiani tiepidi e ci fa bene che qualcuno ci richiami alla radicalità del Vangelo, qualcuno che vive in mezzo a noi, tra le nostre case. Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica «gli eremiti indicano ad ogni uomo quell’aspetto interiore del mistero della Chiesa che è l’intimità personale con Cristo. Nascosta agli occhi degli uomini, la vita dell’eremita è predicazione silenziosa di Colui al quale ha consegnato la sua vita, poiché egli è tutto per lui. E’ una chiamata particolare a trovare nel deserto, proprio nel combattimento spirituale, la gloria del Crocifisso».
Ringraziamo il Signore per il “sì” alla sua vocazione che questa sera Maria Iolanda dirà di fronte a noi, preghiamo il Signore perché la sostenga nella fedeltà al cammino che intraprende e rendiamoci attenti e disponibili alla «predica silenziosa» che attraverso di lei ci viene rivolta.