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La decisione di venire a celebrare quest’anno la giornata del malato qui nell’Ospedale di Rovigo è motivata dalla volontà di esprimere un doveroso ringraziamento al mondo della sanità dopo tre anni oltremodo impegnativi segnati dalla pandemia da Covid 19. Questa celebrazione cade poi in prossimità di una ricorrenza significativa per l’Ospedale cittadino: nell’autunno del 1982 infatti avveniva il trasferimento dal Vecchio Ospedale all’interno del centro storico di Rovigo a questo nuovo edificio, sono quindi 40 anni che in questo luogo la nostra comunità esercita la cura dei malati.
La scelta di venire qui in Ospedale a celebrare la Giornata del malato si è rivelata pure in sintonia con il tema che papa Francesco sviluppa nel suo messaggio a partire da una frase del Vangelo di Luca: «Abbi cura di lui!». È la frase con cui il buon samaritano affida al padrone della locanda il malcapitato vittima dei briganti. «Abbi cura di lui!» è un invito rivolto ad ogni persona umana, perché nasce dalla nostra comune umanità. Come scrive Papa Francesco nel messaggio per questa giornata «La malattia fa parte della nostra esperienza umana. Ma essa può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione». Solo se ci prendiamo cura del nostro prossimo sofferente e malato siamo umani. In questa prospettiva possiamo leggere anche il brano evangelico della guarigione del paralitico. È un brano singolare tra i racconti di guarigione che troviamo nei vangeli. È l’unico caso infatti in cui Gesù guarisce un malato non per la sua fede, ma per la fede di coloro che lo accompagnano. Il paralitico infatti viene portato da Gesù da quattro uomini, che non riuscendo ad entrare nella casa in cui Gesù si trova attorniato dalla folla, salgono sul tetto e lo scoperchiano. Gli accompagnatori del paralitico mostrano una determinazione fuori dal comune, non si fermano di fronte alle difficoltà, vanno oltre tutte le regole e il buon senso. Gesù coglie in essi una grande fede, fede nel suo potere di guarire, ma anche e soprattutto coglie e valorizza la cura per il loro amico, il desiderio di aiutarlo e di fare in modo che riabbia la salute. Non hanno lasciato solo il paralitico, si sono fatti carico dei suoi dolori e della sua infermità, prima ancora che del peso del suo corpo.
Gli accompagnatori del paralitico mostrano una comunità che ha uno sguardo sulla malattia diverso da quello che siamo tentati di avere: la nostra prima reazione infatti quando qualcuno si ammala è quella della paura, che ci porta a prendere le distanze, a non coinvolgerci. Gesù con la guarigione del paralitico ci segnala la necessità di uno sguardo diverso sulla malattia. Gesù sta in mezzo all’umanità per cambiare lo sguardo di ognuno, su se stesso, sugli altri, sul mondo. Il suo sguardo d’amore pasquale è l’unico che risana, perché fa del dolore di ognuno il proprio, con la singolare capacità di assumerlo e di portarlo via con sé, spogliando la sofferenza dalla cecità in cui tenta di farci sprofondare.
L’esperienza della sofferenza e della malattia è preziosa per comprendere che siamo tutti in cammino insieme. A questo proposito mi piace citare ancora il messaggio di papa Francesco: «Quando si cammina insieme, è normale che qualcuno si senta male, debba fermarsi per la stanchezza o per qualche incidente di percorso. È lì, in quei momenti, che si vede come stiamo camminando: se è veramente un camminare insieme, o se si sta sulla stessa strada ma ciascuno per conto proprio, badando ai propri interessi e lasciando che gli altri “si arrangino”. Perciò (…) vi invito a riflettere sul fatto che proprio attraverso l’esperienza della fragilità e della malattia possiamo imparare a camminare insieme secondo lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza».
Le considerazioni che sto svolgendo non hanno solo un valore per i singoli, ma anche per la società nel suo complesso. Se vogliamo una società giusta e umana, il tema della cura deve essere al centro dell’attenzione, non solo nei momenti straordinari, come è stata l’epidemia del covid, ma come preoccupazione costante e ordinaria. Una società che non è capace di prendersi cura dei suoi membri malati e sofferenti è disumana. Per questo il tema della sanità deve stare al centro del dibattito sociale e politico. Cito sempre Papa Francesco: «Gli anni della pandemia hanno aumentato il nostro senso di gratitudine per chi opera ogni giorno per la salute e la ricerca. Ma da una così grande tragedia collettiva non basta uscire onorando degli eroi. Il Covid-19 ha messo a dura prova questa grande rete di competenze e di solidarietà e ha mostrato i limiti strutturali dei sistemi di welfare esistenti. Occorre pertanto che alla gratitudine corrisponda il ricercare attivamente, in ogni Paese, le strategie e le risorse perché ad ogni essere umano sia garantito l’accesso alle cure e il diritto fondamentale alla salute».
Concludo rivolgendo un pensiero e una preghiera alla Vergine Maria, nel giorno anniversario della prima apparizione a Lourdes, dove ha invitato gli ammalati e dove da più di un secolo e mezzo si fa esperienza della cura che il Signore ha per ogni persona sofferente e ammalata. A Lei affidiamo tutti gli ammalati e insieme con loro quanti si dedicano alla loro cura nei nostri ospedali e nelle altre strutture sanitarie e assistenziali.
Ospedale di Rovigo – 11 febbraio 2023
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