La liturgia ci propone la santità di San Bellino secondo la duplice figura del pastore e del martire. Non dobbiamo pensare che si tratti di due aspetti separati e che il martirio sia in fondo un evento accidentale, rispetto al suo essere pastore, un evento nel quale il nostro Patrono sarebbe stato un soggetto passivo, una vittima. La parola «martire» originariamente fa riferimento alla testimonianza, una testimonianza che viene suggellata con il dono della vita seguendo l’esempio di Gesù, che ha dato la sua testimonianza morendo sulla Croce. Anche San Bellino, come nella storia della Chiesa molti altri vescovi, papi, semplici presbiteri e diaconi, ha suggellato il suo ministero di pastore offrendo la vita per Cristo e per il Vangelo. Il martirio però è il frutto più alto di una vita interamente donata: come dice S. Agostino commentando il cap. 21 del Vangelo di Giovanni il ministero pastorale è «officium amoris», un compito di amore. Nel cap. 10 del Vangelo di Giovanni, Gesù si presenta come il buon pastore perché dà la vita per le pecore e per non lasciare dubbi spiega «Io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso». Tutta la vita di un prete, di un Vescovo, di un Papa è allora un donare la propria vita, è vivere un «martirio» anche se non ci è chiesto di morire vittime della violenza e dell’odio. È un martirio che oggi viviamo in particolare nell’accettare la sfida di un cambiamento d’epoca che ci chiede in tempi estremamente rapidi di rinnovare in profondità il nostro modo di essere chiesa e di esercitare il ministero dentro una tensione logorante tra la nostalgia per le tradizioni del passato e la ricerca di attuare le vie nuove che lo Spirito ci chiede di percorrere.
Anche San Bellino è stato Vescovo in un tempo di cambiamenti profondi e ha lavorato per la riforma della sua Chiesa: per questo nonostante la distanza temporale che ci separa da lui, possiamo sentirlo vicino e invocare con fiducia il suo aiuto. In particolare vorrei invitarvi oggi a chiedere l’intercessione del nostro Santo Patrono per la Visita pastorale che inizierò in Adria domenica prossima, 1a di Avvento.
Ai suoi tempi non era ancora stata strutturata la prassi per il Vescovo di visitare sistematicamente tutta la Diocesi, come poi verrà normato dal Concilio di Trento. Pastore sollecito e zelante San Bellino comunque non mancò, come dice il brano di Ezechiele ascoltato nella prima lettura, a cercare le sue pecore, a passarle in rassegna, a radunarle, prendendosi cura in modo particolare delle più fragili e smarrite: questo è sempre stato il centro della visita pastorale, che a ragione è stata definita «anima ministerii episcopalis».
In un tempo come il nostro in cui, a differenza del passato, le comunicazioni sono molto facili e frequenti, si potrebbe pensare che non sia più necessario che il Vescovo faccia una «visita pastorale»: si potrebbe dire che oggi il Vescovo è sempre in visita alla Diocesi. Io credo invece che sia importante anche questo momento speciale, in cui dare tempo all’incontro, entrando il più possibile nella vita ordinaria delle comunità, con semplicità e immediatezza. La visita pastorale in fondo ha valore non solo perché risponde a delle necessità concrete (incoraggiare i fedeli e le comunità, verificare l’applicazione della disciplina ecclesiastica, individuare i bisogni del territorio), ma soprattutto perché ha un valore simbolico: è infatti un segno che ci ricorda che il Signore continuamente ci visita. Come spiega il Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi «La visita pastorale è pertanto un’azione apostolica che il Vescovo deve compiere animato da carità pastorale che lo manifesta concretamente quale principio e fondamento visibile dell’unità nella Chiesa particolare (679). Per le comunità e le istituzioni che la ricevono, la visita è un evento di grazia che riflette in qualche misura quella specialissima visita con la quale il “supremo pastore” (1 Pt 5, 4) e guardiano delle nostre anime (cf. 1 Pt 2, 25), Gesù Cristo, ha visitato e redento il suo popolo (cf. Lc 1, 68)» (AS n. 221).
Come programma della visita, ho scelto un versetto dell’Apocalisse «Ecco, sto alla porta e busso» (Ap 3,21). Sono parole che esprimono il mio desiderio andare incontro non solo a chi è partecipe di un cammino di fede ed è impegnato nella comunità cristiana, ma anche a chi sta «sulla soglia», cioè è alla ricerca di risposte alle domande di senso che avverte. Allo stesso tempo questa espressione «Ecco, sto alla porta e busso» richiama lo stile con cui vorrei presentarmi: uno stile discreto, umile, che non si impone ma che si mette alla pari con tutti. Bussare alla porta infatti vuol dire chiedere all’altro di accoglierti, è un presentarsi quasi in punta di piedi, affidandosi alla libertà dell’altro.
Mi piacerebbe non essere solo in questo andare ad incontrare persone e gruppi: vorrei riuscire a coinvolgere alcuni fedeli per tentare assieme di incontrare persone che non sono abituali frequentatori della parrocchia, ma che sono disponibili ad un dialogo e ad un confronto. Vorrei in questo modo tracciare la strada per un atteggiamento nuovo più missionario, meno chiuso e autoreferenziale. Abbiamo infatti bisogno di diventare una chiesa «in uscita». È questo uno degli aspetti di novità che cercherò di realizzare nella mia visita pastorale, coinvolgendo anche uffici e servizi diocesani. Il progetto «Casa della Diocesi» infatti prevede di portare nel territorio l’esperienza di chiesa che in questi anni si è cercato di vivere nel «centro» diocesano attraverso delle «equipe integrate con il territorio», equipe in cui persone del territorio e membri degli uffici/servizi diocesani pensano e attuano insieme esperienze di incontro con persone e gruppi che stanno «sulla soglia». Il sogno che coltivo è di far sì che la visita pastorale diventi il laboratorio di un modo nuovo di essere chiesa.
Vi invito allora a chiedere oggi insieme con me a San Bellino la forza fisica e spirituale per affrontare questo impegno che sento essermi chiesto dal Signore per essere anch’io il pastore buono, che dona la vita per il suo gregge.
San Bellino – 26 novembre 2024