Quando sentiamo parlare dei santi siamo portati a pensare a persone speciali, con delle caratteristiche molto diverse da quelle delle persone comuni. Questo è vero: i santi hanno qualcosa che li distingue, ma occorre capire bene in che cosa consista la loro diversità: non sono diversi per le loro doti umane (leggendo le loro vite constatiamo che come tutti avevano fragilità e debolezze), ciò che li distingue è invece l’essersi lasciati plasmare, modellare, dall’amore misericordioso di Dio. La solennità di oggi pertanto celebra la vittoria dell’amore misericordioso di Dio sul peccato e sulla debolezza dell’uomo.
Le letture che abbiamo ascoltato ci fanno contemplare i santi del cielo: nella prima lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse, li vediamo riuniti attorno al Dio tre volte Santo e all’Agnello, figura del Cristo crocifisso e Risorto. Essi si rivolgono anche ai cristiani ancora in cammino sulla terra, chiamati a diventare loro stessi santi. Si diventa santi vivendo la figliolanza divina (è l’insegnamento della seconda lettura). Il brano del Vangelo infine ci ricorda che la via della santificazione consiste nel vivere nello stile delle beatitudini che è lo stile di Gesù, povero in spirito, mite, operatore di pace, misericordioso.
Un insegnamento importante che troviamo nei brani biblici proposti dalla liturgia odierna è che la santità non è uno stato, ma un cammino: è sequela dell’Agnello (1° lettura), è tensione dinamica tra ciò che siamo e ciò che saremo (seconda lettura), cammino quotidiano nelle difficoltà della vita per scoprire la beatitudine (vangelo).
I santi sono essere umani come noi, non sono dei senza-peccato, sono fragili e vulnerabili, ma hanno creduto nella misericordia di Dio più forte della loro debolezza. In loro vediamo la forza trasformatrice della fede in Gesù Cristo: chi crede infatti viene trasformato, trasfigurato dalla potenza della Grazia di Dio che ci raggiunge attraverso il suo Figlio Gesù. Afflitti, perseguitati, tribolati i santi, come dice la lettera agli Ebrei, «hanno trovato forza nella loro debolezza» (Eb 11,34).
Possiamo comprendere allora come sia fondamentale coltivare la comunione con i santi: guardando a loro possiamo arrivare anche noi a trovare forza nella nostra debolezza: la forza di non soccombere alla rassegnazione e alla indifferenza e non a lasciarci travolgere dal male e dal peccato. La compagnia dei santi ci aiuta ad alimentare quella speranza, di cui tanto abbiamo bisogno in questo tempo difficile (non a caso il Papa ha indicato nella speranza il tema del Giubileo del 2025).
Concludo con una citazione del Concilio Vaticano II che riassume bene il messaggio di questa solennità «Nella vita dei nostri compagni di umanità più perfettamente trasformati a immagine di Cristo, Dio manifesta agli uomini in una viva luce la sua presenza e il suo volto. In essi Dio stesso ci parla, ci dà un segno del suo regno, ci attira a sé con forza» (Lumen Gentium 50). Lasciamo allora che i santi ci parlino con la loro vita e con il loro esempio ci attraggano a Dio e al suo Regno.