«Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace!». La liturgia ci accoglie oggi, primo giorno dell’anno, con queste parole del libro dei Numeri, prese dalla preghiera con cui i sacerdoti dell’antico Israele benedivano il popolo e ci invita, otto giorni dopo il Natale, a fissare il nostro sguardo su Maria, la Madre di Dio per imparare da Lei nel silenzio e nella profondità della meditazione della Parola di Dio, a dare un senso al tempo che viviamo, in particolare al nuovo anno che inizia oggi.
La preghiera di benedizione che Dio affida ad Aronne e che abbiamo sentito nella prima lettura, ci ricorda innanzitutto che il tempo è sotto la benedizione di Dio. Il tempo è il luogo in cui Dio ci viene incontro, dicendo e operando il nostro bene, proteggendoci, mostrandoci il suo volto, donandoci la pace. Il tempo è ricolmo della presenza di Dio: Paolo, nella seconda lettura può dire che il tempo è giunto alla sua pienezza proprio perché il Figlio di Dio è entrato nel tempo e lo ha riempito di sé, condividendo la condizione umana e facendosi fratello di ogni essere umano. Attraverso Gesù la benedizione di Aronne, inizialmente riservata solo al popolo ebreo, il popolo dell’Alleanza, ora è rivolta a tutti gli esseri umani senza distinzione. Su ogni uomo e ogni donna Dio fa brillare il suo volto e dona la pace.
Questa visione del tempo e della storia ci spinge a vedere l’umanità come un’unica famiglia e a percepire come irrazionale e priva di senso la guerra come soluzione dei conflitti. Comprendiamo allora la scelta di papa Paolo VI di dedicare il primo giorno dell’anno alla preghiera per la pace, una preghiera che sentiamo particolarmente urgente e necessaria in questo momento storico segnato da terribili conflitti di cui non riusciamo a vedere la fine. Sembra che tutti i peggiori istinti dell’umanità si stiano scatenando in una spirale di violenza e di odio che appare non avere fine.
Papa Francesco, in questa 57a Giornata Mondiale della Pace, richiama la nostra attenzione sul rapporto tra la pace e l’intelligenza artificiale. Di fronte a quanto sta accadendo, potrebbe sembrare a prima vista un tema teorico, in realtà non è così: è un argomento di grande importanza e attualità che tocca da vicino la nostra vita anche se ancora non ce ne siamo accorti. Le guerre che si stanno combattendo, sia in Ucraina che in Palestina stanno usando sistemi d’arma molto sofisticati: sentiamo parlare di droni teleguidati a distanza di migliaia di chilometri, di algoritmi che aiutano a individuare i bersagli, ecc. Sono tutte applicazioni di quella che viene definita «intelligenza artificiale». Con questa espressione si indica quell’insieme di «scienze, teorie e tecniche volte a far sì che le macchine riproducano o imitino, nel loro funzionamento, le capacità cognitive degli esseri umani». La creazione di «macchine intelligenti» rappresenta senz’altro un fatto positivo: tali macchine infatti possono alleviare la fatica, consentire di ottenere in modo più rapido determinati risultati, ma allo stesso sono esposte a dei rischi importanti, che riguardano anche la giustizia e l’armonia e la pace tra gli uomini. Papa Francesco ci invita quindi a porci alcune domande urgenti: «Quali saranno le conseguenze, a medio e a lungo termine, delle nuove tecnologie digitali? E quale impatto avranno sulla vita degli individui e della società, sulla stabilità internazionale e sulla pace?». Per dare una risposta a tali domande dobbiamo ricordarci che la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche non sono «neutrali» ma «hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi».
Ciò appare con particolare evidenza nell’applicazione dell’intelligenza artificiale in ambito bellico: «In questi giorni, guardando il mondo che ci circonda, non si può sfuggire alle gravi questioni etiche legate al settore degli armamenti. La possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra. La ricerca sulle tecnologie emergenti nel settore dei cosiddetti “sistemi d’arma autonomi letali”, incluso l’utilizzo bellico dell’intelligenza artificiale, è un grave motivo di preoccupazione etica. I sistemi d’arma autonomi non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili: l’esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica è più di un complesso insieme di algoritmi, e tale capacità non può essere ridotta alla programmazione di una macchina che, per quanto “intelligente”, rimane pur sempre una macchina. Per questo motivo, è imperativo garantire una supervisione umana adeguata, significativa e coerente dei sistemi d’arma».
Il messaggio del Papa mette in rilievo anche le vie per fare in modo che l’intelligenza artificiale possa contribuire allo sviluppo della libertà e della dignità umana: in particolare segnala la sfida educativa (dobbiamo educarci ed educare all’uso di queste nuove tecnologie, in modo che sia la persona a governar e le macchine e non viceversa) e le sfide giuridico/istituzionali (occorrono istituzioni idonee a promuovere una normativa giuridica che prevenga l’abuso di queste nuove tecnologie).
Concludo facendo mio l’auspicio del Papa. Anche l’intelligenza artificiale possa contribuire alla causa della pace e della fraternità. Come sempre ciò dipende dalle nostre scelte e dai nostri comportamenti.