«Ecco il nostro Dio. In lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».
Mi piace pensare che queste parole del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, esprimano l’incontro del nostro caro don Giorgio con il Signore Gesù: al termine della sua lunga vita (il prossimo 23 aprile avrebbe compiuto 90 anni) anche per lui è venuto il momento di vedere faccia a faccia Colui in cui ha creduto e in cui ha riposto la sua speranza. Come dice Paolo nella seconda lettura, solo passando attraverso la soglia oscura e dolorosa della morte, noi possiamo vedere Dio «Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è».
Il disegno che Dio persegue mandando il suo Figlio nel mondo è quello di salvare la nostra vita: «Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno».
Don Giorgio era un uomo di fede e ha creduto nelle promesse di Dio: io l’ho conosciuto quando ormai era già avanzato in età e indebolito per i problemi di salute, ma ho sempre colto in lui una fede semplice e viva, una spiritualità solida coltivata attraverso la fedeltà alla preghiera e alla celebrazione dell’eucaristia.
Nato a Lendinara il 23 aprile del 1932, fu ordinato sacerdote il 6 luglio 1958. Fu vicario cooperatore a San Martino di Venezze e quindi parroco a San Basilio, a Bressane, a Molinella, a Roverdicré, a San Vigilio in Adria e a Concadirame. Nel 2007, dopo 49 anni di ministero in parrocchia (40 anni trascorsi in due parrocchie 20 a Roverdicré e altrettanti a Concadirame) si ritirò qui a Fiesso dove continuò, finché le forze glielo consentirono, a dare un aiuto nelle confessioni e nella celebrazione della santa messa.
Un suo ex parrocchiano ha voluto scrivermi per ricordare alcuni tratti del suo ministero di parroco: «Se anche i parroci avessero un motto, come voi vescovi, il motto pastorale di don Giorgio sarebbe stato “Lo zelo per la Tua casa, Signore, mi divora”. Molte attenzioni ed energie del ministero di don Giorgio sono state dedicate al mantenimento se non a restauri delle chiese parrocchiali in cui era parroco: Roverdicrè dopo il terremoto del 1978 e Concadirame per gli anni che ormai la chiesa ha. In questo ho riconosciuto in lui un grande rispetto per l’arte sacra perché nel restauro ha sempre cercato di riportare l’opera com’era senza portare modifiche a piacimento. Un tratto del suo ministero era quello di educare gli anziani e gli ammalati a consegnare nelle mani di Dio le sofferenze, i “perché” e le preoccupazioni, in poche parole ad affidarsi a Lui, perché Lui non avrebbe dimenticato nulla e ne avrebbe fatto capire le risposte. Nonostante la timidezza don Giorgio faceva visita agli ammalati a casa e in ospedale: sia a persone praticanti sia non praticanti; trovava il coraggio del “Pastore che consola il suo popolo” recandosi nelle case in cui era accaduta qualche disgrazia, anche di persone morte giovani che non bazzicavano in parrocchia». Lo stesso parrocchiano ricorda una bella considerazione di don Giorgio circa il suo essere sacerdote negli ultimi anni in cui non poteva più svolgere compiti pastorali: «un sacerdote finché celebrerà Messa, grazie alla quale rende Gesù presente fra noi, non è in pensione altrimenti non è “Sacerdos in aeternum”!».
Questi semplici ricordi ci aiutano a comprendere il valore della vita di questo prete semplice e fedele. Ringraziamo il Signore averci donato don Giorgio e per il bene che lui ha fatto nella sua lunga vita e nel suo ministero. Preghiamo perché non manchino alla nostra Chiesa preti generosi e ricchi di fede, capaci di rendere presente il Signore Gesù anche per gli uomini e le donne del nostro tempo.