Il versetto evangelico scelto per questa XXX Giornata Mondiale del Malato (“Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”) e il sottotitolo “Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità” richiamano la nostra attenzione sul tema della cura. La sofferenza della malattia infatti non comporta solo un intervento “tecnico-sanitario”, sia esso medico o farmacologico, ma richiede innanzitutto che qualcuno si metta accanto al malato. La relazione personale è un aspetto indispensabile del prendersi cura: il malato non è un numero, un caso, è una persona che chiede di essere avvicinata da un altro essere umano, che ha bisogno di una parola, di un gesto, di un segno di riconoscimento. Proprio la condizione di pandemia, che stiamo ancora vivendo, per le situazioni estreme che ha causato ha evidenziato l’importanza della relazione umana nella cura degli ammalati. A fare la differenza non sono stati le apparecchiature o i farmaci, ma la dedizione e la generosità degli operatori sanitari. La cura allora non può ridursi a una serie di prestazioni, ma deve diventare un cammino di carità. Come scrive San Giovanni Paolo II nell’Enciclica Salvifici Doloris: «Si potrebbe dire che la sofferenza, presente sotto tante forme diverse nel nostro mondo umano, vi sia presente anche per sprigionare nell’uomo l’amore, proprio quel dono disinteressato del proprio “io” in favore degli altri uomini, degli uomini sofferenti. Il mondo dell’umana sofferenza invoca, per così dire, senza sosta un altro mondo: quello dell’amore umano; e quell’amore disinteressato, che si desta nel suo cuore e nelle sue opere, l’uomo lo deve in un certo senso alla sofferenza» (n. 29).
Non possiamo pertanto non prenderci cura di chi è ammalato: possono esserci malattie inguaribili, ma non ci sono malati incurabili. Ogni uomo, qualsiasi sia la sua condizione, può e deve essere curato. Purtroppo questa affermazione oggi viene messa in discussione in nome di quella che Papa Francesco definisce «cultura dello scarto»: non vale la pena curare chi ha ancora poco tempo da vivere, chi non risponde a determinati standard, chi non rende alla società dal punto di vista economico…. Il diritto alla cura lascia così il posto nel dibattito pubblico al «diritto di darsi la morte» o di aiutare altri a darsi la morte. Nel rispetto profondo verso situazioni umane drammatiche, dobbiamo domandarci se la rivendicazione dell’eutanasia del suicidio assistito non sia una scorciatoia per evitare di rispondere alla domanda vera presente nel cuore di chi è ammalato e sofferente: «Stammi accanto! Prenditi cura di me!». Come leggiamo nella Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Samaritanus Bonus sul fine vita: «Le suppliche dei malati molto gravi, che talvolta invocano la morte, non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia; esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l’ammalato ha bisogno è l’amore, il calore umano e soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e infermieri”. L’ammalato che si sente circondato dalla presenza amorevole umana e cristiana, supera ogni forma di depressione e non cade nell’angoscia di chi, invece, si sente solo ed abbandonato al suo destino di sofferenza e di morte» (V,1).
Prendersi cura dell’ammalato è dunque una grande sfida, che diventa possibile affrontare non solo in forza di un senso umano di pietà, ma ancora di più come risposta ad un amore misericordioso che ci precede e ci accompagna. Possiamo prenderci cura dei nostri fratelli malati, perché prima un Altro si è preso cura di noi. La vita di fede e l’unione con il Signore nella preghiera e nei sacramenti sono pertanto la fonte a cui attingere la forza necessaria per non soccombere davanti ad un compito che spesso si presenta superiore alle nostre risorse umane.
La memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, a cui è legata la Giornata del Malato, ci aiuti a comprendere sempre più profondamente lo stretto legame tra l’esperienza della Grazia e la cura degli ammalati. La Vergine Immacolata, la piena di Grazia, ci insegni a stare accanto a chi soffre in un cammino di amore e di fraternità.