COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI

Chi crede in Gesù Cristo Figlio di Dio ha la speranza di vivere oltre la morte
02-11-2021

La ricorrenza annuale della commemorazione dei defunti ci offre ogni anno l’occasione per ricordare i nostri cari che non sono più tra noi: la visita al cimitero, i fiori con cui orniamo le loro tombe e, per chi crede, una preghiera di suffragio sono segni di affetto e di riconoscenza verso coloro che hanno segnato la nostra vita e ci hanno preceduto varcando la soglia oscura della morte. Ricordare i defunti e onorare le loro sepolture è un’esigenza profondamente legata all’essere dell’uomo. Colpisce constatare come fin dall’origine della specie umana abbiamo testimonianza di un culto dato ai defunti e alle loro sepolture: anche qui da noi in Polesine ne abbiamo interessanti testimonianze nei musei archeologici di Adria e di Fratta, dove molto del materiale esposto proviene dalle sepolture e dalle urne cinerarie.

Da sempre l’uomo ha dovuto confrontarsi con la morte ed è singolare come la nostra società tenda a metterla ai margini, quasi a nasconderla. È sempre più raro assistere alla morte dei propri cari, anche a prescindere dall’epidemia di covid che ha portato alle estreme conseguenze una tendenza già in atto da tempo. Eppure non possiamo evitare l’incontro con la morte: ci viene incontro e ci raggiunge in modi e tempi inattesi, che ci sconcertano e ci spiazzano. Ne abbiamo avuto prova la scorsa settimana con il tragico incidente che è costato la vita a tre giovanissimi: abbiamo assistito ad un momento collettivo che ha coinvolto tutti gli adolescenti della città toccati per la conoscenza delle tre vittime, ma ancora di più per essere stati posti di fronte, per la prima volta nella loro vita, alla realtà della morte, una realtà che li ha lasciati smarriti e incapaci di darsene un senso. Mi sono chiesto se in fondo anche noi adulti non siamo tanto diversi da quei ragazzi e se anche noi non abbiamo bisogno di imparare ad affrontare la realtà della morte per non trovarci impreparati quando bussa alla nostra porta. Non basta infatti nasconderla, tenerla ai margini, magari esorcizzarla con atteggiamenti di sfida, occorre che impariamo a conoscerla e a riconciliarsi con essa. Come insegna San Francesco la morte deve diventarci familiare: non a caso il Santo di Assisi ne parla come di «nostra sorella morte corporale». Solo così non finiremo schiacciati quando ci capiterà di incontrarla, ma il pensiero della morte sarà un seme fecondo di vita buona.

Ci è di grande aiuto nell’assumere la morte come parte della nostra esperienza umana la visione religiosa: credere in Dio infatti ci permette di sperare nella salvezza oltre la morte. Come afferma Giobbe nella prima lettura Dio è il redentore, colui che riscatta il credente dalla schiavitù della morte. Per i cristiani, poi, la speranza di essere salvati dalla morte si concretizza alla luce della morte e della risurrezione di Cristo. L’Amore che Dio ha per noi si svela nella morte del Figlio: attraverso il sangue di Gesù versato per noi passa la nostra salvezza: come Gesù anche noi possiamo entrare attraverso la morte in una vita nuova, la vita di Dio, la vita eterna. Come afferma il Vangelo di Giovanni, la volontà del Padre è che gli uomini abbiano la sua stessa vita e siano risuscitati alla comunione di vita con lui. Chi crede in Gesù Cristo Figlio di Dio ha la speranza di vivere oltre la morte: se umanamente teme e soffre il momento del distacco da questo mondo, sa però che la sua vita non termina con la morte ma si apre ad un orizzonte nuovo entrando nella pienezza della vita divina.