Lo scorso anno la Quaresima è coincisa con l’esperienza della quarantena, che ci ha visti bloccati in casa per più di due mesi. Purtroppo anche quest’anno ci troviamo a vivere il percorso quaresimale nel mezzo della pandemia e pertanto mi sembra utile vivere questa Quaresima facendo tesoro degli insegnamenti che abbiamo ricevuto dall’esperienza di quest’anno di pandemia.
Innanzitutto abbiamo imparato che il deserto in cui il Signore ci conduce è dato dalle vicende concrete che ci troviamo ad affrontare come singoli e come comunità: pertanto non abbiamo bisogno di andare lontano o di uscire dalla nostra vita ordinaria. Così come per il popolo ebreo il deserto è stato il luogo in cui il Signore si è fatto conoscere, oggi per noi è nella prova della pandemia, con le sue conseguenza in campo sanitario, economico e sociale che il Signore ci viene incontro per farci conoscere il suo progetto di salvezza e per stringere con noi la sua Alleanza.
Incontrare il Signore nella pandemia non è facile né immediato: è necessario mettersi in ascolto di quello che il Signore ci vuole dire attraverso le vicende che ci troviamo a vivere. Per questo la Quaresima è tempo di ascolto della Parola: non un ascolto disincarnato, ma un ascolto capace di illuminare e dare senso a quanto stiamo vivendo, soprattutto alle sofferenze e alle prove di questo periodo. Ricordiamo poi che la Parola di Dio è sempre rivolta ad un popolo: per questo non possiamo limitarci ad ascoltarla da soli, ma dobbiamo sforzarci di ascoltarla insieme con altri, aiutandoci a vicenda a comprenderne il messaggio. Il primo luogo in cui sperimentare questo ascolto comunitario della Parola di Dio è la famiglia: proprio il lungo lockdown dell’anno scorso, quando non ci era possibile riunirci nelle chiese, ci ha spinto a riscoprire la dimensione domestica della vita cristiana. Sarà bene che ne teniamo conto anche per la Quaresima di quest’anno, valorizzando il sussidio per la preghiera in famiglia che la Diocesi mette a disposizione.
Dall’ascolto della Parola nascono la conversione a Dio e la riconciliazione con i fratelli. Convertirsi è ridare a Dio il posto che gli spetta nella nostra vita, accogliendo la nostra condizione di creature, vulnerabili e fragili. L’esperienza di quest’ultimo anno ci ha fatto riscoprire la fragilità della nostra condizione umana: le conquiste della scienza e il benessere economico ci avevano dato l’illusione di poter dominare e controllare tutto ciò che minaccia la nostra vita, l’epidemia ci ha fatto toccare con mano il nostro limite di creature. Per questo ascolteremo con una consapevolezza diversa le parole del rito delle ceneri: «Ricordati uomo che sei polvere e in polvere ritornerai». La conversione a Dio genera rapporti nuovi anche tra gli uomini: riconoscerci fragili e vulnerabili ci porta ad andare verso gli altri per portare insieme il peso del nostro limite. L’esperienza della pandemia ci ha fatto scoprire che siamo dipendenti gli uni dagli altri (siamo tutti «interconnessi») per cui abbiamo bisogno di essere uniti e solidali. Nella necessità però abbiamo constatato la fatica di collaborare e di convergere su obiettivi comuni: per questo la nostra società ha bisogno di riconciliazione: è questa la nostra missione di cristiani nel mondo di oggi, quel «ministero della riconciliazione» che Gesù affida alla sua Chiesa.
La conversione a Dio genera rapporti nuovi anche tra gli uomini: riconoscerci fragili e vulnerabili ci porta ad andare verso gli altri per portare insieme il peso del nostro limite
Messaggio del Vescovo Pierantonio per la Quaresima
L’esperienza della pandemia ci ha fatto scoprire che siamo dipendenti gli uni dagli altri
+ Pierantonio Pavanello, vescovo