La Parola di Dio, che la Chiesa ci propone ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, ci raggiunge questa mattina nel contesto di questa celebrazione di suffragio dei caduti sepolti in questo luogo a cui uniamo nella preghiera i caduti di tutte le guerre. Il ricordo di quanti hanno sacrificato la vita per la difesa della Patria ci porta a meditare sulle tragedie del passato e ci esorta ad impegnarci perché l’umanità vinca la tentazione di risolvere i conflitti con la forza delle armi e trovi la via per vivere nella pace e nella giustizia. Il Vangelo di Gesù Cristo, in questa prospettiva, è sempre attuale e ispiratore di cammini di pace e di fraternità.
Le letture che abbiamo ascoltato ci portano al centro del messaggio cristiano. Paolo nel passo della lettera ai Romani, che ci è stato proposto come seconda lettura, ci invita a non essere «debitori di nulla a nessuno se non dell’amore vicendevole, perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. (…) pienezza delle Legge infatti è la carità». La fede in Dio pertanto deve tradursi in responsabilità verso l’altro (1° lettura) e questa responsabilità, a sua volta, si concretizza nella correzione fraterna (vangelo).
La correzione fraterna richiede un profondo senso di fede: essa va esercitata nei confronti di chi «ha peccato», commettendo una colpa pubblica, non diretta in modo particolare contro l’altro. In altri termini la correzione fraterna è farsi carico del male che c’è attorno a noi anche quando non ci tocca direttamente. La maturità di fede consiste nel sentirsi feriti dal peccato in quanto tale, non soltanto dall’offesa personale. La correzione fraterna si oppone al silenzio complice, alla pigrizia di chi non vuole inimicarsi l’altro, ai meccanismi di autogiustificazione sempre pronti a trovare buoni motivi per non intervenire e non denunciare il male là dove è commesso. Nella prospettiva ecclesiale la correzione corrisponde a una parola audace e profetica pronunciata a qualunque prezzo, perché di mezzo c’è il vangelo. Uno dei più frequenti peccati di omissione è il sottrarsi alla denuncia del male e del peccato. La capacità di correzione dice la libertà del credente come pure la sua obbedienza radicale al vangelo e la sua appartenenza al Signore. L’ autenticità dell’amore sgorgato dal vangelo si manifesta nella capacità di correggere colui che si ama. L’amore «spirituale» non psichico, vince la tentazione di tacere il peccato commesso dall’amico per timore di perderne l’amicizia. La correzione fraterna dice che l’amore cristiano deve essere vissuto all’interno ella responsabilità per gli altri e per il mondo.
è proprio in questa responsabilità verso gli altri e verso il mondo che consiste la fraternità, un principio determinante per superare i conflitti e costruire la pace: un principio evangelico ma anche autenticamente umano, potremmo dire universale. Alla fraternità è stato spesso obiettato di essere un principio religioso e, per questo, non adatto a venire utilizzato nella sfera civile e politica. Troviamo una smentita a questa obiezione nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che nell’art. 1 afferma: «Tutti gli uomini nascono liberi ed eguali nella dignità e nei diritti; essi sono dotati di ragione e di coscienza, e devono comportarsi gli uni verso gli altri come fratelli». Negli ultimi decenni si è fatta strada anche nelle scienze sociali e giuridiche l’idea che solo costruendo la fraternità è possibile una convivenza pacifica tra gli uomini. Scrivevano due pensatori laici (Edgar Morin e Anne Kern), circa venticinque anni fa «Il richiamo della fraternità non deve soltanto superare la vischiosità e l’impermeabilità dell’indifferenza. Deve vincere l’inimicizia. (…) e il problema chiave del compimento dell’umanità è di allargare il noi, di abbracciare, nella relazione matri-patriottica terrestre, ogni ego alter e di riconoscere in lui un alter ego, cioè un fratello umano».
Anche la recente, purtroppo non ancora conclusa, esperienza della pandemia, ci sta insegnando proprio questo: come ha detto papa Francesco nella memorabile preghiera in Piazza San Pietro di venerdì 28 marzo «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme». A commento delle parole del Papa potremmo aggiungere che non basta essere «fratelli nel dolore», occorre che diventiamo «fratelli nell’amore e nella solidarietà».
Il ricordo dell’immane tragedia della guerra che cento anni fa si è combattuta su queste montagne e la preghiera di suffragio per i caduti devono trasformarsi in un ammonimento e in un impegno perché il sacrificio di tante vite umane porti frutto. La Vostra Associazione ha raccolto questo messaggio mettendosi con generosità e competenza a servizio della società civile in tanti settori, sempre in prima linea, non solo nelle situazioni ordinarie ma soprattutto nelle emergenze (purtroppo frequenti) che colpiscono le nostre comunità. Teniamo viva la memoria del passato e la riconoscenza verso chi ha difeso la Patria per essere nel presente artefici di una umanità riconciliata e più fraterna.