Siamo invitati questa sera a considerare un aspetto particolare della figura di Sant’Antonio: il suo rapporto profondo con il Vangelo che dava forma alla sua vita ed era la sostanza della sua predicazione. Papa Pio XII nel 1946 proclamando il nostro santo dottore della Chiesa ha voluto evidenziarlo con l’appellativo di «dottore evangelico».
Il rapporto con il Vangelo prima ancora della sua predicazione, caratterizza il percorso spirituale di Sant’Antonio: fu il desiderio di vivere il Vangelo nella sua radicalità che lo portò a seguire Francesco d’Assisi e il suo movimento, abbandonando il Portogallo, sua terra natale, e l’ordine agostiniano. Attraverso la lettura e la meditazione del Vangelo e della Sacra Scrittura Antonio coltivò il suo rapporto con il Signore crescendo di giorno in giorno nella sequela del Maestro: il Vangelo divenne così la forma della sua vita e quando fu chiamato a dedicarsi alla predicazione gli fu spontaneo fare del Vangelo il centro dei suoi discorsi. La forza di persuasione, che le sue prediche esercitavano sulla gente, nasceva proprio dal fatto che egli parlava di ciò che viveva: le sue prediche non erano solo delle belle lezioni, frutto di studio e di ragionamento, ma esprimevano la sua esperienza di intimità con il Signore e il suo sforzo di mettere in pratica senza sconti la sua Parola.
Nella predicazione del nostro Santo il Vangelo diventa la luce che illumina le vicende e le situazioni concrete della società del suo tempo. La sua preoccupazione non era tanto quella di spiegare il Vangelo, ma di fare in modo che il Vangelo spiegasse fatti e comportamenti della vita dei suoi ascoltatori. Predicando il Vangelo Sant’Antonio ha inciso profondamente sulla società del suo tempo, smascherando le ingiustizie e i soprusi e di conseguenza provocando cambiamenti concreti in ordine soprattutto alla pace e alla giustizia.
L’esempio di Sant’Antonio è quanto mai attuale anche oggi e non solo perché il compito della chiesa è quello di annunciare il Vangelo, ma anche perché nella particolare fase storica che stiamo vivendo c’è bisogno di Vangelo: in questo tempo di crisi economica provocata dalla epidemia non servono solo pane, lavoro, contributi finanziari, occorre il Vangelo, perché solo accogliendo il messaggio evangelico potremo essere uniti per ricostruire la nostra società con criteri e obiettivi che mettano al centro la persona e non la rendano schiava dell’interesse economico e della prepotenza di pochi. Del resto è questo il programma che papa Francesco fin dall’inizio del suo Pontificato ha dato alla chiesa con l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. La conversione pastorale che ci chiede ha proprio questo obiettivo: rendere la chiesa capace di dire il Vangelo in modo credibile agli uomini di oggi. Ciò significa che servono cristiani capaci di dire il Vangelo, perché il Vangelo può essere accolto solo se c’è chi lo vive e vivendolo lo propone agli altri, come nel suo tempo ha saputo fare Sant’Antonio. Papa Francesco in Evangelii Gaudium spiega in modo molto concreto come ciascuno di noi può svolgere questo compito, proprio a partire dai rapporti che intrattiene nella vita ordinaria. Il Vangelo infatti si trasmette «da persona a persona»: «Ora che la Chiesa desidera vivere un profondo rinnovamento missionario, c’è una forma di predicazione che compete a tutti noi come impegno quotidiano. Si tratta di portare il Vangelo alle persone con cui ciascuno ha a che fare, tanto ai più vicini quanto agli sconosciuti. È la predicazione informale che si può realizzare durante una conversazione ed è anche quella che attua un missionario quando visita una casa. Essere discepolo significa avere la disposizione permanente di portare agli altri l’amore di Gesù e questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada. In questa predicazione, sempre rispettosa e gentile, il primo momento consiste in un dialogo personale, in cui l’altra persona si esprime e condivide le sue gioie, le sue speranze, le preoccupazioni per i suoi cari e tante cose che riempiono il suo cuore. Solo dopo tale conversazione è possibile presentare la Parola, sia con la lettura di qualche passo della Scrittura o in modo narrativo, ma sempre ricordando l’annuncio fondamentale: l’amore personale di Dio che si è fatto uomo, ha dato sé stesso per noi e, vivente, offre la sua salvezza e la sua amicizia. (…) Se sembra prudente e se vi sono le condizioni, è bene che questo incontro fraterno e missionario si concluda con una breve preghiera, che si colleghi alle preoccupazioni che la persona ha manifestato. Così, essa sentirà più chiaramente di essere stata ascoltata e interpretata, che la sua situazione è stata posta nelle mani di Dio, e riconoscerà che la Parola di Dio parla realmente alla sua esistenza» (Es. Ap. Evangelii Gaudium nn. 127-128).
Sant’Antonio, dottore evangelico, interceda per noi perché possiamo sperimentar e la gioia di trasmettere ai nostri fratelli quel Vangelo che ci sforziamo di vivere e che è la luce della nostra vita di discepoli!