Per vivere il Natale tutti come i pastori abbiamo bisogno di metterci in cammino. Dobbiamo vincere il torpore e l’indifferenza per arrivare davanti al Bambino del presepio: infatti faremo Natale solo se ci fermeremo davanti a Gesù. Non c’è Natale senza Gesù perché è Lui il Figlio di Dio, il nostro Salvatore.
Anche quest’anno quindi siamo chiamati a un dialogo personale davanti al Bambino di Betlemme, un dialogo che ogni anno si rinnova e si trasforma, un dialogo che non ci intimorisce, perché ci troviamo davanti a un Dio che si è fatto bambino, un Dio che ci chiede di accoglierlo tra le nostre braccia e di imparare da lui la potenza dell’amore.
All’inizio dell’Avvento papa Francesco ci ha donato la Lettera apostolica Admirabile signum sul significato del presepio, in cui scrive: «Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza. Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato». Queste parole del Papa ci richiamano la forza «rivoluzionaria» del Natale: questa festa, se vissuta nella sua autenticità, non ci chiede solo buoni sentimenti ma incide profondamente sulla concretezza della vita quotidiana. Il Natale esige che rivediamo i nostri criteri e le nostre priorità. Accogliere il bambino Gesù vuol dire infatti fare nostra la logica di Dio. Con le parole di papa Francesco possiamo dire che Gesù, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso. Dal presepe emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità».
Il messaggio del Natale ci può aiutare a ritrovare la via della speranza: il clima sociale inclina alla sfiducia e ci spinge a chiuderci sempre di più. Lo stesso tessuto sociale appare logorato e diviso: ognuno sembra perseguire il proprio interesse e la stessa nozione di bene comune non appare più come un valore da perseguire. Il Polesine più di altre zone del Veneto e dell’Italia soffre per questa situazione: la fragilità economica e sociale del nostro territorio, che si manifesta nell’accentuato spopolamento e invecchiamento della popolazione e nell’emigrazione dei giovani, sta toccando dei limiti oltre i quali sarà difficile invertire la tendenza. Solo uno sforzo straordinario, che metta insieme le risorse migliori della nostra società, potrà aprire una strada nuova. Occorre mettere da parte le divisioni e la gelosa custodia delle piccole identità, per riscoprire i legami che ci uniscono e convergere in progetti condivisi. E’ necessario uscire, confrontarsi, collaborare, vincere la nostalgia del passato e aprirsi alla novità che bussa alle nostre porte.
Ricordare la nascita di Gesù è quindi motivo per guardare oltre e aprirci ad un cammino di fraternità, di solidarietà e di sviluppo morale e sociale. Seguendo Gesù possiamo accogliere l’altro, vincere la paura del diverso, abbattere muri e costruire ponti.
Ripartiamo allora portando con noi l’umiltà e la semplicità del presepio: solo così potremo ritrovare quella fiducia che la nostra società sembra avere perduto.