La distanza che ci separa dal nostro Patrono (quasi novecento anni!) e la difficoltà a ricostruire la vicenda della sua vita e, soprattutto, della sua morte (qualche storico ha argomentato che il Bellino Patrono di Rovigo non ha nulla a che fare con il Bellino Vescovo di Padova!) potrebbe far nascere in noi la tentazione di abbandonare il nostro San Bellino tra i ricordi ingialliti della storia, destinati a cadere nel dimenticatoio. E’ una tentazione da vincere, perché l’oblio delle nostre radici compromette il nostro futuro.
Nella concelebrazione che si è tenuta questa mattina a San Bellino, ho cercato di evidenziare l’attualità della figura di questo Vescovo per la vita ecclesiale, questa sera, venerandolo come Patrono della Città di Rovigo, vorrei invece tentare di esporre alcuni spunti di riflessione per la società civile, a partire proprio dalla sua azione di Vescovo nella Città di Padova nel XII secolo. Gli studi storici ci restituiscono una figura di pastore impegnato a riportare la Chiesa alla sua dimensione propriamente spirituale, ma non per questo estraneo alla vita cittadina. Scrive lo storico Bortolami: «In tempi in cui la città di Padova si avviava a forme di autogoverno ed esprimeva i primi consoli, fu attivo fautore di una generale ricomposizione dello spirito civico. Tra i suoi meriti ci fu senz’altro quello di aver saputo favorire la crescita di tutto un ceto sociale nuovo di piccoli artigiani, di piccoli vassalli, di cives, di commercianti, di persone di condizioni più umbratili e modeste che andavano crescendo a Padova e che sarebbero stati il nerbo del nascente comune. Nei confronti dei grandi esponenti del ceto cavalleresco seppe mantenere la schiena diritta, ma senza asprezze. Conservò un atteggiamento dignitoso, assecondando solo in parte le loro esigenti rivendicazioni, ma evitò, con la mitezza e l’umiltà che l’agiografo gli riconosce, rotture e contrapposizioni violente» ((S. Bortolami, in San Bellino note di storia locale p. 147). Ne ricaviamo l’immagine di un vescovo che aveva a cuore il progresso della sua città nell’unità e nella concordia tra classi sociali e gruppi di potere. Mi sembra di poter ravvisare un atteggiamento quanto mai interessante anche per il nostro tempo: alla Chiesa in quanto tale e ai suoi pastori si chiede oggi non tanto di schierarsi dall’una o dall’altra parte, di promuovere iniziative direttamente politiche, ma piuttosto di proporre una riflessione e di offrire un orizzonte nel quale collocare la vita sociale e politica, evidenziando la dignità di ogni persona umana e promuovendo la solidarietà e la giustizia tutti i livelli. Come Chiesa di Adria-Rovigo intendiamo anche nel prossimo anno offrire alla città dei momenti alti di riflessione sulle dinamiche della politica, per far crescere la consapevolezza e la partecipazione. Attraverso il tradizionale convegno sociopolitico poi approfondiremo un aspetto particolarmente significativo della nostra vita sociale prospettando qualche esperienza innovativa e qualche proposta di impegno.
Particolarmente urgente mi sembra oggi recuperare il senso della comune appartenenza ad un’unica comunità, quella «ricomposizone dello spirito civico» attribuita all’azione del Vescovo Bellino. Un sociologo, interrogandosi su ciò che è necessario per dare un futuro alla nostra società, osservava recentemente che uno degli elementi indispensabili è «la ricostruzione del senso di comunità (una domanda su cui converge l’ 88% degli intervistati!). I primi nemici da combattere sono la disillusione, la diffidenza, l’isolamento, che di fatto rendono impossibile ogni ripartenza. Si avverte il bisogno di un clima più positivo, dove sia possibile ricostruire quel bene intangibile ma così prezioso che è la fiducia. Che si basa su tre pilastri: la qualità dei soggetti attivi sul territorio (istituzioni pubbliche, ma anche imprese, scuole, ospedali, associazioni di categoria, parrocchie): è nel rapporto con tali soggetti che i cittadini si formano la loro idea della realtà» (Mauro Magatti, Il futuro della politica è investire sulla persona, in Corriere della Sera 22.10.2019 p. 28).
Anche la nostra città di Rovigo ha bisogno di vincere la disillusione, la diffidenza e l’isolamento per poter dare vita a una nuova stagione. Solo in un clima di fiducia possono infatti crescere condivisione e corresponsabilità per migliorare la vita sociale, sfruttando le tante potenziale ancora inespresse o poco valorizzate.
L’intercessione di San Bellino ci aiuti a mettere insieme le forze, a vincere quello spirito individualistico che frena ogni percorso di crescita e di sviluppo. Impariamo dal nostro Patrono quello spirito di mitezza e allo stesso tempo di tenacia che ha contraddistinto la sua azione di pastore, preoccupato delle cose di Dio ma attento anche al bene della città degli uomini.