Anche quest’anno il Signore ci concede la grazia di poter celebrare presso la sua tomba la Festa del nostro Patrono, San Bellino. In lui siamo invitati a vedere un segno dell’amore di Dio, che continua a prendersi cura di noi. Come abbiamo sentito nella prima lettura, Dio si presenta come un pastore che cerca le sue pecore, le raduna e le conduce al pascolo, con un’attenzione speciale per quelle ferite e malate. Il Vescovo Bellino ha reso presente per la Chiesa di Padova, di cui era Vescovo, la persona di Gesù, il Buon Pastore che dà la vita per le sue pecore. In un tempo in cui la Chiesa era profondamente segnata dalla commistione tra la dimensione spirituale e quella temporale, tanto che gli stessi ecclesiastici vedevano il loro ministero prevalentemente nell’ottica del potere umano, il Vescovo Bellino lavorò per riportare la dimensione spirituale al centro della vita ecclesiale. Come scrive uno storico «abbiamo a disposizione vari atti che ci parlano della sua attivissima, quasi febbrile azione volta a ricondurre con fermezza e misericordia i ribelli all’obbedienza della chiesa; a sottrarre patrimoni usurpati alle chiese e ai poveri dall’ingordigia dei violenti e dei potenti; a rendere costumi e mentalità degli uomini di chiesa più confacenti al loro stato; a superare dissensi scandalosi e odi che si trascinavano tra i fedeli e in seno al clero, pacificando una società tumultuosa e frantumata da decenni di lotte e di abusi. Furono questi i capisaldi concreti del suo agire, ispirato al motto che troviamo esplicitato in uno dei suoi tanti atti: “ad ipsius Creatoris honorem omnia in melius reformare” (S. Bortolami, in San Bellino note di storia locale).
La riforma della Chiesa, dunque, fu al centro del ministero episcopale di San Bellino che si svolse nell’epoca della cosiddetta «riforma gregoriana». La riforma della Chiesa tuttavia è un obiettivo sempre attuale, perché «ecclesia semper reformanda». La storia ci insegna che questo principio si è fatto strada gradualmente nella coscienza della Chiesa, fino a trovare un importante riconoscimento nel Concilio Vaticano II. Il Decreto sull’Ecumenismo, Unitatis Redintegratio, dopo aver spiegato che «ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente nell’accresciuta fedeltà alla sua vocazione», afferma «La Chiesa pellegrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui essa stessa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno, in modo che se alcune cose, sia nei costumi che nella disciplina ecclesiastica e anche nel modo di esporre la dottrina – il quale deve essere diligentemente distinto dallo stesso deposito della fede – sono state, secondo le circostanze di fatto e di tempo, osservate meno accuratamente, siano in tempo opportuno rimesse nel giusto e debito posto» (n. 6).
Il tema della «riforma», o se volete del «rinnovamento» della Chiesa riguarda da vicino anche noi. Ripetiamo spesso che viviamo un «cambiamento d’epoca» e ciò porta delle conseguenze profonde anche per la vita concreta della nostra Chiesa. Come Vescovo mi sono proposto di aiutare a vivere questo tempo in positivo, andando oltre la nostalgia e il senso del lutto, per aprirci alla speranza: non un tempo di morte, ma di una nuova nascita. Mi chiedo, pensando a San Bellino e al suo tempo, se questo passaggio non sia da interpretare come una provvidenziale occasione per una «riforma» della Chiesa, nel senso indicato dal Concilio Vaticano II di un ritorno a ciò che è essenziale nella sua vocazione e cioè il Vangelo nella sua integralità. Forse proprio le condizioni in cui siamo chiamati a vivere come comunità ecclesiale sono lo strumento di cui Dio si serve per chiamarci ad un rinnovamento profondo, ad una «conversione pastorale» per usare l’espressione di papa Francesco in Evangelii Gaudium. E’ un processo che costa, perché esige da noi la disponibilità a lasciarci condurre per sentieri che non conosciamo e mette in crisi le nostre certezze. Non diversamente da oggi, nel suo tempo San Bellino ha dovuto lottare contro consuetudini e prassi consolidate e questo non è stato privo di difficoltà. Anche se poco sappiamo degli autori e del movente del suo assassinio, possiamo supporre che la sua opera di riforma della Chiesa aveva scontentato molti al punto da armare la mano dei sicari.
San Bellino interceda per la nostra Chiesa di Adria-Rovigo, perché non ci scoraggiamo, ma sappiamo con umiltà e fiducia percorrere la via di un rinnovamento profondo, accettando la povertà di persone e di mezzi materiali, sapendo che la nostra ricchezza e la nostra forza stanno nel servire insieme il Vangelo.