Il dono più grande che i nostri fratelli nella fede ci possono fare è quello di parlarci di come si stanno preparando alla loro morte. Personalmente ricordo con commozione come mia mamma, ormai ultranovantenne, parlava del momento in cui avrebbe lasciato questo mondo per andare incontro al Signore. Anche Gesù prima di affrontare la passione e la morte ha condiviso con i discepoli l’atteggiamento interiore con cui si avvicinava a questo passaggio decisivo: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via» (Gv 14,1).
Penso che molti di voi hanno raccolto confidenze e riflessioni di suor Maria Grazia su come sentiva la sua morte. Comunque ci ha lasciato anche per iscritto una descrizione molto bella e originale di come immaginava la sua morte:
…e finalmente verrai.
Dolcemente come fanno le mamme,
che si accostano con mani di neve
al letto del bimbo malato,
tu verrai a dirmi
che è ora di andare a casa.
Sarà forse di sabato
col cielo chiaro, le campane
il rosso dell’ultimo sole
sulle cime degli alberi
e ovunque nelle case
l’attesa della domenica.
Non chiederò indugi per i commiati;
non avrò nulla da lasciare;
comincerò a seguirti
leggera, sentendomi guarita.
Così Suor Maria Grazia parla della sua morte nella poesia che chiude la raccolta intitolata «Poesia come preghiera». Chi l’ha assistita nelle sue ultime ore ha visto realizzarsi quanto aveva espresso tanti anni fa con il linguaggio della poesia: un passaggio dolce, dove non c’era paura, ma solamente il desiderio di continuare a seguire l’Amato a cui aveva dedicato tutta se stessa.
Suor Maria Grazia del Getsemani nacque ad Ortona (Chieti) il 14.03.1920 e fu battezzata lo stesso giorno, ricevendo il nome di Matilde, la santa che si festeggiava il giorno in cui nacque. Dopo la scuola superiore frequentò il corso di laurea in lettere moderne all’Università Cattolica di Milano, dove si laureò con il massimo dei voti. Per più di dieci anni insegnò nella scuola superiore e si impegnò attivamente nell’Azione Cattolica, dedicandosi anche a seguire i suoi giovani studenti. Fu proprio attraverso il dialogo con una sua giovane alunna che comprese la chiamata a consacrarsi al Signore, intuendo che solo attraverso la preghiera e l’offerta di se stessa avrebbe potuto contribuire alla salvezza delle anime. Entrò nel Carmelo di Vicenza il 1° novembre del 1958 (60 anni di vita claustrale!) e fece la professione il 21.06.1960. Nel 1983 assieme a madre Bianca Maria e a Suor Celina su richiesta del vescovo mons. Sartori venne a Rovigo per fondare il Carmelo.
Le consorelle mi hanno riferito che ripeteva spesso: «Ho conosciuto tante persone e tante persone sono venute a pregare in Carmelo con me. Quello che ci ha unito è per sempre nel cuore di Dio e non andrà mai perduto». Quel che colpiva in lei era la disponibilità ad incontrare le persone lasciando in esse un segno profondo, un segno di fede e di amore di Dio: io l’ho conosciuta a Vicenza, quarant’anni fa quando ero poco più di un ragazzo e ricordo lo stupore provato per questa monaca capace di essere punto di riferimento spirituale per un grande numero di persone. Veramente la vita monastica la collocava, come dice Santa Teresa del Bambin Gesù, nel «cuore» della Chiesa. Ritrovandola dopo molti anni qui a Rovigo ho ritrovato lo stesso stile: credo che se il nostro Carmelo è un punto di riferimento e gode dell’aiuto di tanti volontari, molto dipenda proprio da lei.
Donna di grande cultura, ha avuto il dono di poter essere lucida fino alla fine. Ha continuato a tenere le sue catechesi seguite e apprezzate. Aveva già preparato il pensiero in versi da dare ad amici e benefattori per il prossimo Natale. Lei infatti esprimeva la sua ricerca di Dio attraverso la poesia, uno strumento per rendere partecipi dei frutti della sua preghiera e contemplazione i tanti fratelli e sorelle con cui era in relazione.
Suor Maria Grazia ci mancherà: anche se l’età era molto avanzata, la sua giovinezza spirituale e la sua vivacità intellettuale ci davano l’illusione di poter godere ancora a lungo della sua presenza. Lei comunque ci mostra una strada. «comincerò a seguirti leggera» dice nella poesia riferendosi alla sua morte. Anche nella sua morte come quando era in vita ci indica la sequela del Signore come l’unica cosa che conta.
Ringraziamo il Signore per il dono di questa sorella e portiamo nel cuore il ricordo delle sue parole e della sua presenza. Dal cielo siamo sicuri che continuerà a mostrarci la strada e a pregare con noi e per noi.