«Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, ma è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!».
Queste parole di San Paolo possono essere applicate anche a Sant’Antonio: leggendo la sua vita infatti apprendiamo che iniziò a predicare quasi per caso, per obbedienza al suo superiore, lui che nascondeva agli altri la sua cultura teologica e le sue doti di oratore, preoccupato solo di vivere nella semplicità e nell’umiltà evangelica. Da allora la predicazione divenne l’occupazione principale della sua vita: una predicazione nutrita dalla Sacra Scrittura e capace di convertire i cuori di chi lo ascoltava.
La predicazione oggi non è certamente un’attività ricercata, che gode il favore della gente e attira attenzione: la parola «predica» ha una connotazione negativa, richiama qualcosa di noioso e di moralistico. Al tempo della comunicazione digitale, di facebook, di sms, di whatsapp che valore ancora può avere la predicazione?
La predicazione non è una qualsiasi attività di propaganda, nella chiesa ha un valore «sacramentale» nel senso che chi predica in nome della chiesa rappresenta Dio che parla al suo popolo. Dio infatti nella Bibbia si rivela come un Dio che parla e che si rivolge all’umanità con una parola carica di amore. Per dire questa parola si serve di uomini, i profeti. Gesù associa a sé i discepoli nell’opera della predicazione prefigurando il mandato che lascerà alla Chiesa: «Andate e predicate il Vangelo …» sono le parole di Gesù al momento di salire al cielo.
Anche oggi Dio vuol parlare agli uomini e si serve della mediazione umana della predicazione della chiesa. La sfida della predicazione è proprio quella di riuscire a far sentire agli uomini che Dio rivolge loro la sua parola. Quale bisogno di sentire Dio che ci parla! Quale responsabilità!
Antonio ci può insegnare molto, lui, che in tempi difficili, ha saputo attrarre grandi folle, in Italia, in Francia, gente di tutte le classi sociali, fedeli ed eretici, santi e peccatori. La forza della sua predicazione scaturiva da un duplice amore: l’amore per Dio e l’amore per gli uomini. Antonio amava la contemplazione e la preghiera. Quando poteva cercava un eremo per poter stare da solo con il Signore: l’ultimo luogo di romitaggio fu il noce di Camposampiero. Allo stesso tempo però amava gli uomini: era partecipe delle vicende del suo tempo e mai si sottrasse dall’intervenire per portare pace e riconciliazione in un tempo di divisioni e guerre civili.
S. Antonio veniva ascoltato perché il suo stile di vita lo rendeva credibile: lui, seguace del poverello di Assisi, era povero e libero, umile e semplice e questa era la sua forza.
Come chiesa di Adria-Rovigo stiamo sperimentando la difficoltà di dire il Vangelo in modo credibile e convincente. Ci scontriamo con il disinteresse e la freddezza di tante persone. Spesso chi si accosta alle parrocchie ad es. per l’iniziazione cristiana dei figli ci fa capire che oltre al sacramento non gli interessa altro e si meraviglia se anche solo tentiamo di proporre un cammino di fede. La tentazione dello scoraggiamento e della rassegnazione è forte, ma Sant’Antonio ci invita a prendere spunto proprio da queste difficoltà per andare a cercare nella nostra conversione personale e comunitaria la sorgente di quell’efficacia che abbiamo perduto: un rapporto più profondo e intimo con il Signore, una vicinanza carica di simpatia verso la nostra gente, uno stile di vita veramente evangelico ecco quello di cui abbiamo bisogno come chiesa diocesana.
Sant’Antonio interceda per noi e ci ottenga la grazia di far risuonare la parola che salva nei cuori degli uomini e delle donne che abitano il nostro Polesine.
PELLEGRINAGGIO ALLA BASILICA DI S.ANTONIO
Omelia per il pelleggrinaggio diocesano al Santo
05-06-2018