Il vescovo Pierantonio ha presieduto il rito stazionale presso la basilica di Santa Maria Assunta della Tomba dove, dopo l’ascolto del Vangelo e di brani tratti dalla Bolla di indizione del Giubileo”Spes non confundit”, si è tenuta l’aspersione con l’acqua battesimale. Ha avuto, quindi, inizio il pellegrinaggio verso la Cattedrale, guidati dalla croce, dove il vescovo ha presieduto la Messa concelebrata da una numerosa rappresentanza dei sacerdoti della diocesi. Come anticipo della celebrazione del pomeriggio e come segno forte all’inizio di questo Anno Santo, il vescovo ha presieduto la Messa presso la Casa circondariale di Rovigo: questa mattina con i detenuti della sezione di massima sicurezza e ieri con altri detenuti. Ad accoglierlo il direttore del carcere e il cappellano. Il vescovo nell’omelia ha richiamato il valore del Giubileo per i detenuti richiamando la tradizione giudaica per cui il Giubileo diventava occasione per rimettere in libertà i carcerati e gli schiavi e sottolineando come la liberazione del cuore dal male non sempre vada di pari passo con la libertà fisica ma superi anche le sbarre del carcere ed è la vera libertà a cui tutti possiamo aspirare. Al termine della celebrazione il vescovo ha ringraziato il personale della polizia penitenziaria e i volontari che prestano il loro servizio e, accompagnato dal direttore e dal cappellano, ha portato il suo saluto a tutti i detenuti. Di seguito il testo integrale dell’omelia tenuta dal Vescovo in Cattedrale.
I gesti che abbiamo compiuto e i segni che ci sono stati proposti durante questa celebrazione ci hanno già aiutato ad avvicinarci al significato autentico del Giubileo: un tempo di Grazia che ci viene offerto per recuperare il nostro rapporto con il Signore e con i fratelli in modo da aprire i nostri cuori alla speranza.
Il Giubileo ha la sua origine nell’Antico Testamento: nel capitolo 25 del Libro del Levitico troviamo indicazioni molto precise per un anno speciale, diverso dagli altri, da celebrare ogni cinquant’anni; un anno in cui Israele era chiamato a riconoscere che Dio è il Signore e a lui appartengono la terra e tutti i nostri beni. Per questo l’anno del Giubileo era caratterizzato da alcuni obblighi: la terra andava fatta riposare, i debiti venivano condonati e i prigionieri liberati. Tutto questo per riscoprire il senso della terra, dei beni che possediamo, dei rapporti con gli altri esseri umani. Potremmo riassumere il significato di queste prescrizioni, che a noi possono sembrare strane, come un recupero della gratuità: chi crede in Dio infatti sa che tutto ciò che è e tutto ciò che ha dipende dal Signore, è un dono suo. Gesù stesso proprio all’inizio del suo ministero pubblico, si è richiamato al Giubileo, affermando che la sua missione consisteva nel «proclamare l’anno di Grazia del Signore».
L’anno del Giubileo allora è un tempo per rimettere ordine nella propria vita dando a Dio quello che gli appartiene e rendendo fraterne le relazioni con il prossimo. E’ significativo che la legislazione del Levitico non preveda dei riti supplementari rispetto al culto ordinario, Ciò che conta è la conversione profonda del proprio stile di vita. E’ un anno in cui si riparte da capo (oggi diremmo si «resetta») perché – e questo è l’annuncio fondamentale che il Giubileo vuol darci – Dio rende possibile sempre e per tutti un nuovo inizio. Nessuno è condannato per sempre, tutti possiamo ricominciare; per tutti è possibile una vita diversa che risponda al sogno di Dio, che ci ha creati perché viviamo insieme nella fraternità, nella giustizia e nella pace.
Accogliendo questo annuncio potremo ritrovare la speranza e diventare, a nostra volta, portatori di speranza per una umanità smarrita e sfiduciata in un mondo che ogni giorno di più sembra sprofondare in un vortice senza fine di violenza, di odio e di vendetta.
Riscoprire le radici bibliche del Giubileo ci aiuta ad andare oltre agli aspetti esteriori e materiali (quanti milioni di pellegrini verranno a Roma? quali vantaggi potremo averne?) e pure a quelli devozionali per andare invece al centro, che consiste in un cammino spirituale di conversione e di riconciliazione, personale e comunitario. Solo se partiamo da questo aspetto centrale, questo «cuore», potremo capire e dare il giusto valore anche alle pratiche esteriori che caratterizzano il Giubileo: il pellegrinaggio, l’indulgenza, le celebrazioni giubilari.
Anche noi, chiesa di Adria-Rovigo, non dobbiamo perdere l’occasione che il Giubileo ci offre. E’ veramente un dono che ci viene fatto in questo tempo difficile e drammatico sia dal punto di vista sociale che ecclesiale. A questo proposito vorrei sottolineare due temi che in quest’anno giubilare vorrei venissero affrontati e assimilati
Il primo riguarda uno sguardo diverso sulla situazione della nostra chiesa. Di fronte ai cambiamenti in atto siamo tentati di pensare che non abbiamo più chance e che la causa della fede e del Vangelo è persa in partenza: di qui la lamentela, il pessimismo, la rassegnazione, la nostalgia del passato. Occorre invece che ci mettiamo nella prospettiva di chi è all’inizio di un nuovo cammino: il Giubileo ci ricorda proprio, questo che cioè il Signore ci dona sempre la possibilità di ricominciare aprendo nuove strade anche dove noi non le vediamo. Questo cambiamento d’epoca non è la fine dell’esperienza cristiana, ma solo di un certo modo di essere cristiani e di fare chiesa: se ci radichiamo nuovamente in Cristo e nel suo Vangelo possiamo essere protagonisti di un percorso nuovo di vita cristiana.
Un secondo tema riguarda la riconciliazione all’interno della comunità cristiana: mi riferisco in particolare al presbiterio, ai rapporti all’interno delle singole comunità parrocchiali, tra parrocchie vicine, tra gruppi e associazioni. A prescindere da situazioni di conflitto, che pure purtroppo esistono, vedo tanta difficoltà a mettere da parte il protagonismo individuale e di gruppo per lavorare insieme. Il Giubileo ci spinga a mettere da parte pregiudizi e incomprensioni per realizzare una vera comunione di intenti e di opere.