La Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, che “vuole ascoltare tutti”, nessuno escluso, e “deve ascoltare con particolare attenzione e sensibilità la voce delle vittime e dei sopravvissuti agli abusi sessuali, spirituali, economici, istituzionali, di potere e di coscienza da parte di membri del clero o di persone con incarichi ecclesiali”. Lo si legge nella Relazione di sintesi, pubblicata sabato 28 ottobre, della prima fase del Sinodo sulla sinodalità, che ha un carattere transitorio, in attesa dell’assemblea conclusiva in programma nell’ottobre prossimo. Per la prima volta in un Sinodo dei vescovi, tra i 365 membri con diritto di voto (compreso il Papa) hanno votato non solo vescovi, ma anche sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, e laici, tra cui 54 donne. Tre le parti in cui è strutturato il testo, approvato a larghissima maggioranza, cioè con la maggioranza qualificata dei due terzi. La prima parte delinea “Il volto della Chiesa sinodale”, presentando i principi teologici che illuminano e fondano la sinodalità. La seconda parte, intitolata “Tutti discepoli, tutti missionari”, tratta di tutti coloro che sono coinvolti nella vita e nella missione della Chiesa e delle loro relazioni. Nella terza parte, dal titolo “Tessere legami, costruire comunità”, la sinodalità appare principalmente come un insieme di processi e una rete di organismi che consentono lo scambio tra le Chiese e il dialogo con il mondo. In ciascuna delle tre parti, ogni capitolo raccoglie le convergenze, le questioni da affrontare e le proposte emerse dal dialogo.
Diaconato femminile. Uno dei temi più controversi al Sinodo sulla sinodalità è stato quello dell’accesso delle donne al ministero diaconale. Il relativo paragrafo del documento, infatti, ha registrato il maggior numero di “no”, rispetto alle questioni da affrontare, dai 365 votanti: 69 no contro 277 sì. “Alcuni considerano che questo passo sarebbe inaccettabile in quanto in discontinuità con la Tradizione”, si spiega nel testo: “Per altri, invece, concedere alle donne l’accesso al diaconato ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini. Altri ancora discernono in questo passo una risposta appropriata e necessaria ai segni dei tempi, fedele alla Tradizione e capace di trovare eco nel cuore di molti che cercano una rinnovata vitalità ed energia nella Chiesa. Alcuni esprimono il timore che questa richiesta sia espressione di una pericolosa confusione antropologica, accogliendo la quale la Chiesa si allineerebbe allo spirito del tempo”. Il dibattito a riguardo, si fa notare nella relazione, “è anche connesso alla più ampia riflessione sulla teologia del diaconato”. “Le Chiese di tutto il mondo hanno formulato con chiarezza la richiesta di un maggiore riconoscimento e valorizzazione del contributo delle donne e di una crescita delle responsabilità pastorali loro affidate in tutte le aree della vita e della missione della Chiesa”, uno dei risultati del dibattito sinodale: di qui la necessità di chiedersi “come la Chiesa può inserire più donne nei ruoli e nei ministeri esistenti” e interrogarsi sulle “modalità” di eventuali “nuovi ministeri”. Tra le proposte alle Chiese locali, quelle di “allargare il loro servizio di ascolto, accompagnamento e cura alle donne che nei diversi contesti sociali risultano più emarginate” e “garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nel ministero”, sulla scia di quanto il Papa ha fatto inserendo un numero significative di donne in posizioni di responsabilità nella Curia Romana. “Clericalismo, maschilismo e un uso inappropriato dell’autorità continuano a sfregiare il volto della Chiesa e danneggiano la comunione”, il monito, insieme a quello di “evitare di ripetere l’errore di parlare delle donne come di una questione o un problema”.
Celibato sacerdotale. Tra i membri votanti al Sinodo, 55 su 291 non ritengono che il celibato sacerdotale sia da mettere in discussione. “Tutti ne apprezzano il valore carico di profezia e la testimonianza di conformazione a Cristo”, si legge nel testo: “alcuni chiedono se la sua convenienza teologica con il ministero presbiterale debba necessariamente tradursi nella Chiesa latina in un obbligo disciplinare, soprattutto dove i contesti ecclesiali e culturali lo rendono più difficile. Si tratta di un tema non nuovo, che richiede di essere ulteriormente ripreso”. Quanto al diaconato permanente, “alcune Chiese locali non l’hanno introdotto affatto; in altre, si teme che i diaconi vengano percepiti come una sorta di rimedio alla carenza di preti. Talvolta la loro ministerialità si esprime nella liturgia piuttosto che nel servizio ai poveri e bisognosi della comunità”.
Orientamento sessuale. “Approfondire il tema dell’educazione affettiva e sessuale, per accompagnare i giovani nel loro cammino di crescita e per sostenere la maturazione affettiva di coloro che sono chiamati al celibato e alla castità consacrata”. E’ una delle indicazioni della Relazione di sintesi, in cui non compare mai il termine LBGT, contenuto nell’Instrumentum laboris, ma si parla di “orientamento” sessuale. “Alcune questioni, come quelle relative all’identità di genere e all’orientamento sessuale, al fine vita, alle situazioni matrimoniali difficili, alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale, risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché pongono domande nuove”, si legge nel testo, in cui si riconosce che “talora le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dal sapere delle scienze e richiedono affinamento e ulteriore studio”. Del resto, come aveva ricordato il Papa nel suo breve intervento a braccio a conclusione della ventesima Congregazione generale, “il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo”.