Questa sera l’omelia sarà dedicata a spiegare il rito che fra poco celebreremo: l’ammissione tra i candidati al diaconato permanente di Matteo (della parrocchia di Rasa), Marcello (di Giacciano) e Marco (di questa parrocchia, di Lendinara-S.Sofia).
Innanzitutto mi sembra necessario spiegare che cos’è il diaconato permanente, permanente perché non è in vista dell’ordinazione presbiterale, come accade per i seminaristi che prima di diventare preti devono per un certo tempo esercitare il ministero diaconale.
Il diaconato è un ministero, cioè un servizio. Ci sono tanti cristiani che svolgono dei servizi nella Chiesa (catechisti, ministri straordinari della comunione, sacristi, ecc.): la particolarità del diaconato è che non si tratta di un impegno temporaneo, legato ad una decisione che può essere revocata, ma è una scelta per la vita, un mettersi a disposizione senza limite di tempo, accettando di lasciare che la propria vita sia segnata in profondità della grazia del sacramento. Il diacono infatti, come il presbitero e il Vescovo, è un ministro ordinato: riceve il sacramento dell’ordine (che si articola in tre modalità diverse: diaconato, presbiterato, episcopato). Mentre presbiterato ed episcopato si distinguono per grado e non per essenza, tra presbiterato ed episcopato da una parte e diaconato dall’altra c’è una diversità sostanziale: presbiteri e vescovi infatti partecipano entrambi del sacerdozio ministeriale, sono consacrati per essere segno di Cristo capo e sacerdote), i diaconi invece sono chiamati a rappresentare Cristo Servo (per questo non va loro applicata la terminologia sacerdotale ad es. titoli quali “don” “reverendo” e non è chiesto loro di portare un abito diverso da quello dei laici).
Il servizio del diacono si estende alla triplice diaconia della parola, della liturgia e della carità: di conseguenza ha la facoltà di predicare, di svolgere alcuni compiti all’interno della celebrazione eucaristica, conferire il battesimo e assistere alle nozze, presiedere le esequie e impartire la benedizione e gli altri sacramentali. Ciò che conta però non è ciò che il diacono può fare, ma la dimensione sacramentale: essere segno vivente di Cristo servo, promuovendo negli altri fedeli la disponibilità al servizio.
Il diacono non è un «supplente» del prete, un prete di «serie b» ma ha una funzione molto importante, sua specifica: Cristo infatti non è solo capo e sacerdote, ma anche servo, anzi ha esercitato il suo potere e il suo sacerdozio nella forma del servo. Per questo è necessario che nella Chiesa ci sia chi rappresenti sacramentalmente il Cristo servo.
Il diaconato di conseguenza ci porta a ripensare il ministero nella Chiesa abbandonando gli schemi del potere e della separazione. Per sua natura il diacono permanente è un ministro che vive nel mondo, ha una professione, e come Marco e Matteo ha una famiglia e dei figli. Se compreso e vissuto nel suo vero significato il diaconato provoca un cambiamento nel nostro modo di intendere la stessa comunità cristiana. Non più una comunità dipendente solo dalla figura del prete, unico protagonista della vita ecclesiale, ma una comunità dove esiste una pluralità di ministeri che promuovono la partecipazione e la corresponsabilità di tutti i fedeli non solo per la vita interna della comunità ma anche e soprattutto per una testimonianza evangelica nel mondo.
Vengo ora a spiegare il rito che avrò luogo tra poco: «ammissione tra i candidati». I nostri tre amici, da tempo si sono presentati al Vescovo per manifestare la loro disponibilità a prendere in considerazione la possibilità di offrirsi alla Chiesa per essere ordinati diaconi. Il Vescovo ha accolto questa loro disponibilità e ha chiesto loro di fare una verifica con un suo delegato e con una guida spirituale. Hanno poi iniziato un percorso di formazione teologica. Avuto prova della serietà della loro disponibilità, il Vescovo li chiama ora ad iniziare un cammino specifico di formazione al ministero. Da aspiranti al diaconato diventano candidati. Risponderanno alla chiamata del Vescovo manifestando la loro volontà di impegnarsi e di formarsi per essere configurati a Cristo servo. Nei prossimi anni entreranno nel ministero della Chiesa ricevendo i ministeri del lettorato e dell’accolitato e poi l’ordinazione diaconale.
Vorrei ora dedicare un pensiero particolare alle mogli e ai figli di Marco e Matteo. Anche loro partecipano al loro cammino e condividono la loro vocazione. Se è vero che solo il marito, il papà diventa diacono, proprio per la forza dei legami familiari, in particolare il legame sponsale (che ha natura sacramentale), la moglie, in primo luogo ma anche i figli, non possono rimanere esclusi dal ministero del marito e del padre. In qualche modo potremmo dire che tutta la famiglia diventa «diaconale». Credo non vi sfugga la bellezza e la ricchezza di una comunità cristiana che si alimenta dell’esperienza di queste famiglie: una comunità più vicina alla vita della gente e ai problemi della vita quotidiana.
Concludo invitando voi tutti che partecipate a questa celebrazione a sentirvi coinvolti con la preghiera, prima di tutto, e poi con l’amicizia e la vicinanza al cammino di questi tre nostri fratelli: hanno bisogno di essere accompagnati e sostenuti da tutta la comunità cristiana, ma è necessario che fin d’ora la comunità cresca con loro per potere un domani accogliere e valorizzare il loro ministero di diaconi.
Lendinara, Duomo di Santa Sofia – 25 marzo 2023