RIFLESSIONE DEL VESCOVO SUL DIRITTO-DOVERE DI VOTARE

Esprimere il proprio voto rimane un valore importante

Mentre si avvicina la data di domenica 25 settembre, in cui si svolgeranno le elezioni politiche per il nuovo Parlamento, mi sembra utile proporre una riflessione sull’importanza di esercitare il diritto-dovere del voto per difendere la democrazia nel nostro Paese. Mai come prima, infatti, in queste elezioni è forte il rischio che una parte considerevole degli aventi diritto si astenga. Mi sembra di poter dire che per il futuro della nostra democrazia in queste elezioni forse sarà più importante il dato sull’affluenza alle urne che la vittoria di questa o quella parte politica.

Le motivazioni che spingono molti a non votare sono bene espresse da alcune frasi che sentiamo ripetere con frequenza: «Non serve a nulla votare: i politici sono tutti uguali»; «Il nostro voto non conta nulla tanto poi tutti seguono il proprio interesse dimenticandosi delle necessità dei cittadini»; «La politica è una cosa sporca, è meglio starsene fuori». Sono frasi che esprimono la delusione profonda (e per molti aspetti giustificata) che i cittadini vivono nei confronti della politica, segnalando lo stato di crisi che vivono un po’ tutte le democrazie occidentali. È importante però chiedersi se rinunciare a partecipare al voto sia una soluzione o aggravi la crisi, aprendo la strada a soluzioni autoritarie e consegnando, ancora di più di quanto avviene già, le decisioni che riguardano il futuro della società a gruppi ristretti, espressione per lo più del potere economico. Democrazia invece significa «potere del popolo». Come afferma Papa Giovanni Paolo II nell’Enciclica Centesimus Annus «La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno». La democrazia, poi, «non è solo il rispetto formale di regole, ma è il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell’uomo, l’assunzione del “bene comune” come fine e criterio regolativo della vita politica» (Compendio della Dottrina sociale della chiesa n. 407).

Va riconosciuto che la disaffezione al voto nasce anche da alcuni dati oggettivi che riducono notevolmente la possibilità per i cittadini di scegliere i propri rappresentanti: si pensi alla legge elettorale in vigore, che non permette di esprimere alcuna preferenza sui singoli candidati ma solo di ratificare la scelta compiuta dai partiti da cui dipende la formazione delle liste, come pure alla vastità dei collegi elettorali (frutto della riduzione del numero dei parlamentari) che rende assai problematico il rapporto tra elettori ed eletti.

Per i cattolici poi si aggiunge un’ulteriore difficoltà, data dalla fatica di riconoscersi nelle varie proposte politiche in campo, che, in forme diverse, contengono progetti e visioni che non si conciliano con la dottrina della Chiesa.

Nonostante tutto questo, esprimere il proprio voto rimane un valore importante. È comunque un messaggio forte quello che possiamo dare andando a votare: esprimendo il nostro voto infatti diciamo che come cittadini siamo presenti e attivi, che vogliamo far sentire la nostra voce e vigilare perché siano date risposte ai problemi della società, soprattutto in rapporto a chi è più debole e indifeso. Il voto poi deve essere il punto di arrivo di un cammino di conoscenza e di discernimento per individuare tra le varie proposte quella che in coscienza troviamo meglio rispondente alle necessità della società e alla visione del futuro del nostro Paese che coltiviamo. È a questo livello che si pone il contributo della Chiesa al bene comune: non tanto dare indicazioni di voto, ma offrire contributi e riflessioni per arrivare ad una scelta consapevole e ponderata.

Non dimentichiamo poi che, oltre ad un richiamo all’importanza del voto, è necessario agire affinché ci sia un recupero per l’interesse e l’amore per la politica, intesa come cura della «cosa pubblica» (la res publica a cui si richiama la forma istituzionale dello stato italiano). Viviamo un tempo in cui anche nelle persone di buona volontà l’interesse per il bene comune si limita all’espressione del voto e a generiche frasi di incoraggiamento verso quanti sono impegnati in politica o nelle amministrazioni locali. È necessario invece costruire un tessuto di partecipazione e di impegno, che permetta ai cittadini di far sentire la propria voce non soltanto nel momento delle elezioni.

 

Rovigo, 10 settembre 2022

 

+Pierantonio Pavanello -Vescovo di Adria-Rovigo