Le mani sostengono l’anima
Una delle sculture più note di Rodin sembra, a un primo sguardo, di una semplicità impressionante. Si tratta di una composizione in pietra che consiste in un paio di mani. Sono, in verità, due mani destre, di due individui differenti, i cui avambracci s’incrociano e allungano perché le dita, nel punto più alto, si tocchino disegnando come un arco. Un’idea apparentemente elementare, dunque. Ma la poesia esplode – e ci consegna in tal modo a una visione altra dell’opera – quando ci viene annunciato il titolo. In un primo momento Rodin pensò di chiamarla L’arca dell’alleanza, ma poi optò per La cattedrale.
La scultura di Rodin può venirci in aiuto nel nostro bisogno di una risposta.
Una cattedrale non è solamente un territorio sacro esteriore al quale i nostri piedi ci conducono. Non è soltanto un tempio situato in un determinato spazio. E neppure è solo un rifugio sicuro segnalato dalle mappe.
Una cattedrale è realizzata anche dalle nostre mani aperte, disponibili e supplicanti, ovunque noi ci troviamo.
Perché dove c’è un essere umano, ferito di finitudine e di infinito, là si trova l’asse di una cattedrale. Dove possiamo realizzare quell’esperienza vitale di ricerca e di ascolto per la quale la risposta non è l’immanenza. Dove le nostre mani possano levarsi in alto: in desiderio, urgenza e sete. Questo sarà sempre uno degli assi della cattedrale.
L’altro è disegnato dal mistero di Dio, che si avvicina a noi e ci stringe, anche quando non lo avvertiamo subito, anche quando il silenzio, un silenzio duro e denso, sembra la verità più tangibile.
Fu Pascal a scrivere che «le mani sostengono l’anima». Oggi abbiamo bisogno di mani – mani religiose e laiche – che sostengano l’anima del mondo. E che mostrino che la riscoperta del potere della speranza è la prima preghiera globale del XXI secolo (José Tolentino Mendonça).
Buona Pasqua di Resurrezione!
Caritas diocesana di Adria-Rovigo