L’augurio che ci scambiamo il giorno di Pasqua rischia di essere scontato e superficiale. Dovremmo invece fermarci a riflettere per cogliere la portata esigente e innovativa di tale augurio. La Pasqua è intrinsecamente legata alla morte e risurrezione di Gesù. Anche se viene associata al passaggio dall’inverno alla primavera, il suo significato richiama la fede in Gesù Cristo Figlio di Dio. Allo stesso tempo però la Pasqua porta un messaggio di vita nuova che è offerto ad ogni uomo.
Per dare un contenuto concreto alle parole «buona Pasqua», vorrei richiamare l’attenzione su ciò che Gesù Risorto dice alla Maddalena il mattino di Pasqua nell’incontro vicino al sepolcro: «Non mi trattenere perché non sono ancora salito al Padre, ma va dai miei fratelli e di’ loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv. 20,17).
Come mai Gesù perla di «miei fratelli» e non di «discepoli»? Non è un dettaglio insignificante: l’espressione usata di Gesù ci rivela che la sua morte e risurrezione hanno aperto agli uomini una nuova possibilità: per ogni uomo che diventerà discepolo del Crocifisso Risorto sarà possibile diventare «fratello» di ogni uomo. Per Gesù risorgere significa rinascere «fratello», non più soltanto «unigenito del Padre», come viene presentato nel Prologo del Vangelo di Giovanni (Gv. 1,14 – 18). Tale fraternità è un dono offerto, che chi crede in lui e diventa suo discepolo dovrà imparare ad accogliere e su cui giocherà la propria vita.
Augurare «buona Pasqua» vuol dire esprimere il desiderio che chi incontriamo entri in questa dinamica nuova, dove sulla separazione prevale l’accoglienza, la presa in carico, l’ospitalità, che sono le espressioni concrete della fraternità. Se prendessimo sul serio questo augurio, molte cose cambierebbero e il mondo in cui viviamo diventerebbe più umano.
Nei racconti delle apparizioni post-pasquali vediamo che è Gesù ad andare a cercare i discepoli: lasciamoci allora anche noi «trovare» dal Risorto, scoprendoci in Lui fratelli tra fratelli.
+Pierantonio